Vendite piramidali: pratica scorretta
Lyoness, la nota community shopping al centro del più recente e clamoroso caso di vendita piramidale – così ne ha qualificato l’attività l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, che ha comminato alla società una sanzione di ben tre milioni 200mila euro – conta un milione 368mila consumatori tesserati e oltre 67mila aderenti che hanno acquisito la qualifica di Lyconet Marketer per sviluppare il sistema.
Bastano questi numeri – ma è solo la punta dell’iceberg, perché di realtà simili se ne trova tutto un “sottobosco” – per chiarire la dimensione di un fenomeno economico-sociale che, nonostante i ripetuti “crack” e gli investimenti andati in fumo, non accenna a diminuire.
Cosa prevedono il Codice del Consumo e la giurisprudenza
Va fatta innanzitutto chiarezza sulla sua liceità. Il Codice del Consumo, all’articolo 23, comma 1, lettera p), qualifica come scorretta ex se la pratica consistente nell’avviare, gestire o promuovere “un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti”.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, il divieto dei sistemi di promozione a carattere piramidale si fonda su tre condizioni cumulative:
- la promozione basata sulla promessa di ottenere un beneficio economico;
- la circostanza che l’avveramento della promessa dipende dall’ingresso di altri consumatori nel sistema;
- infine, che la parte più consistente delle entrate che consentono di finanziare il corrispettivo promesso ai consumatori non risulti da un’attività economica reale.
In presenza di tali condizioni la possibilità di finanziare i guadagni prospettati a coloro che già sono entrati nel sistema è, di fatto, subordinata all’ingresso di nuovi partecipanti e al versamento di un contributo finanziario. Il sistema cessa infatti di essere redditizio qualora la crescita del numero di partecipanti non basti più a finanziare i corrispettivi promessi agli stessi.
La vendite multilivello
Inoltre, con la legge numero 173 del 2005, “Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendite piramidali”, il legislatore ha anche inteso disciplinare il fenomeno delle vendite multilivello, forme di vendita diretta a domicilio, fattispecie considerata a tutti gli effetti lecita.
E da distinguere, ai sensi dell’art. 5 comma 1 della stessa legge, dalla “promozione e realizzazione di tutte quelle attività e strutture di vendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componenti la struttura stessa si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura” che, come detto, sono invece oggetto di divieto assoluto.
Per inciso, va sottolineato che la definizione normativa di vendita piramidale vietata dalla legge prevede che si fondi sul reclutamento di nuovi soggetti non l’unico incentivo economico, bensì l’incentivo economico primario.
La distinzione tra vendite a domicilio e quelle che si basano sul reclutamento di terzi non è maturata a caso: spesso infatti, nei casi di vendita piramidale, si veda appunto quello di Lyoness, coloro che assumono la qualifica di Lyconet Marketer, all’atto di divenire tali, sottoscrivono una lettera di incarico alla vendita diretta a domicilio ai sensi della legge 173/2005.
Formalmente, quindi, vengono inquadrati come venditori al dettaglio.
Il commercio al dettaglio
Ma è davvero così? Il D.Lgs. 31/03/1998, numero 114, recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”, ai sensi dell’art. 1 “stabilisce i principi e le norme generali sull’esercizio dell’attività commerciale”.
E all’art. 4 definisce “commercio al dettaglio l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”.
A tale definizione si ricollega la già citata legge 17 agosto 2005, n. 173, che all’art. 1 comma 1 definisce “per «vendita diretta a domicilio», la forma speciale di vendita al dettaglio e di offerta di beni e servizi, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n.114, effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio del consumatore finale” e “per «incaricato alla vendita diretta a domicilio», colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio”.
Il caso Lyoness
Definizioni che contrastano totalmente con la realtà di strutture, come appunto Lyoness, di cui i cosiddetti Lyconet entrano a far parte: come risulta infatti dai documenti sottoscritti dagli stessi venditori, e dal funzionamento nel concreto della community shopping, essa va qualificata come pura e semplice vendita piramidale.
Solo per addurre uno dei tanti elementi a supporto di tale evidenza, se da un lato la normativa è molto chiara nel definire l’attività di vendita al dettaglio, e la connessa attività di vendita a domicilio, come attività commerciali in cui l’impresa acquista e rivende beni, le tessere Lyoness per consumatori erano (e sono tuttora) gratis.
Dunque, la distribuzione gratuita di queste tessere non costituisce attività di vendita e, soprattutto, non richiede il ricorso alla figura dell’incaricato alle vendite al dettaglio disciplinato dalla legge 173/2005.
Ed infatti, qualunque consumatore abbia aderito a Lyoness può a sua volta presentare altri, senza aver firmato alcun accordo come Lyconet né alcuna lettera di incarico alla vendita diretta, come stabilito dalle Condizioni Generali Lyoness, art. 2.2, secondo cui “ogni aderente può presentare il Loyalty-Program Lyoness ad altri consumatori e segnalarli come nuovi aderenti” vedendosi poi riconoscere il cosiddetto “bonus amicizia”, ovvero il premio pari allo 0,5% di quanto speso in convenzione dal nuovo aderente.
Inoltre, nonostante la cura nel confezionare documenti formalmente ineccepibili, il Lyconet “new-entry” può solo continuare a regalare le tessere Lyoness come un qualsiasi consumatore-aderente, mentre non può convenzionare aziende se non dopo aver già fatto carriera, e nell’attesa (per lo più vana) non gli resta quindi che reclutare nuovi Lyconet Marketer.
La nullità dei contratti
Cosa possono fare, allora, coloro che vogliono uscire dal sistema e recuperare le somme spesso ingenti che hanno dovuto investire per progredire nella “piramide”? Innanzitutto si può e si deve contestare la nullità dei contratti.
I contratti stipulati con queste società sono radicalmente nulli, con ogni conseguenza di legge in ordine alla restituzione delle somme pagate. In primo luogo, essi sono nulli ex art. 1418 del Codice Civile, in quanto contrari a norme imperative, per contrasto con la L.173/2005 che sancisce e vieta le vendite piramidali.
In secondo luogo, essi sono nulli ex D.Lgs 206/2005 (codice del consumo) art.143 comma 1 secondo cui “I diritti attribuiti al consumatore dal codice sono irrinunciabili. E’ nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice”.
Deve infatti rammentarsi che ai sensi dell’art. 2 codice del consumo: “Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti: ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali”.
Ne consegue che le pattuizioni contrattuali tra gli associati e queste realtà, in quanto violano il diritto fondamentale dei consumatori ad una adeguata informazione, in quanto costituiscono pratica commerciale scorretta (vendita piramidale), ed in quanto violano il diritto fondamentale alla trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali, sono nulle ex art. 143 del codice del consumo.
In terzo luogo, essi sono nulli ex art. 1418 comma 2 cc, per illiceità della causa (vendita piramidale), ed indeterminatezza dell’oggetto.
Non solo. I contratti stipulati sono in ogni caso annullabili, ed andranno annullati, in quanto viziati da dolo.
Dottrina e giurisprudenza sono unanimi nel ricomprendere nella nozione di “dolo” qualsiasi raggiro che altera la volontà contrattuale della vittima, siano essi comportamenti commissivi od omissivi. E ai sensi dell’art. 1439 c.c., il dolo è causa di annullamento del contratto.
Nella fattispecie sempre di Lyoness, ad esempio, è riscontrabile il dolo omissivo determinante del consenso. Per un verso, infatti, l’azienda sarebbe obbligata a fornire ai clienti informazioni chiare e trasparenti sui contratti proposti e, più in generale, sulla struttura Lyoness-Lyconet che questi sottintendono, ma tale obbligo è stato ed è tuttora manifestamente disatteso.
Per altro verso è evidente che, se agli aderenti fosse stato fornito un set informativo completo e corretto, essi avrebbero avuto una rappresentazione corretta e molto meno accattivante, rectius totalmente decettiva, della struttura.
In ulteriore subordine, le condotte poste in essere costituiscono grave inadempimento agli obblighi di correttezza e buona fede precontrattuali (art.1337 cc), nonché nell’esecuzione ed interpretazione del contratto (artt. 1175, 1338, 1366, 1375 cc).
Tali violazioni giustificano la domanda di risoluzione del contratto e conseguente restituzione dei corrispettivi versati, e comunque, in ogni caso, anche in via ulteriormente gradata, la richiesta di risarcimento dei danni. Le condotte descritte inoltre sono penalmente rilevanti ai sensi della legge 173/2005.
La pena prevista è l’arresto da sei mesi ad un anno o l’ammenda da 100mila a 600mila euro, salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Se il fatto costituisce reato più grave, quindi, sarà quest’ultimo a prevalere.
I reati penali
A riguardo, si evidenzia, come in alcune circostanze (di veda il noto caso “Tucker”), è stato riconosciuto anche il più generale e grave reato (punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno a milletrentadue euro) di truffa ex art. 640 c.p., che più di qualche volta si può contestare anche alla capillare diffusione sulla rete Internet da parte di queste aziende di numerosi video che le promuovono e che incitano ad aderire ad esse.
Sempre per restare e per concludere con il caso Lyoness, in tema di raggiri ed artifizi, sono emblematici i meeting della società. Il nucleo centrale del reato di truffa è individuabile nella induzione in errore mediante artifici o raggiri, laddove con artificio si indica una manipolazione della realtà esterna, mentre il raggiro consiste in una attività persuasiva finalizzata ad influenzare la psiche altrui, elementi tutti riscontrabili nel caso in esame.
Qui gli artifizi consistono nella presentazione di grafici e diagrammi contenuti nelle slide e nei filmati presentati al pubblico e che riportano dati gonfiati sui rendimenti degli investimenti da effettuarsi, inducendo le vittime a credere in buona fede che gli investimenti siano “certi e sicuri” e che consentiranno di raggiungere rapidamente la tanto decantata “libertà economica”, enfatizzando la facilità e la rapidità con cui si possono guadagnare cifre considerevoli e tacendo qualsiasi riferimento in ordine ai rischi dell’investimento stesso.
I raggiri sono ravvisabili nella condotta dei referenti di Lyoness che tramite l’uso esperto della comunicazione persuasiva e delle più suggestive e raffinate tecniche di vendita, traggono in inganno il pubblico con promesse e garanzie come quella che il Lyconet potrà in breve anche lasciare il suo lavoro e vivere di rendita, amplificando le giuste preoccupazioni per il futuro, rimarcando l’instabilità delle professioni e la scarsa consistenza delle pensioni al solo scopo di spingere persone sfiduciate ad effettuare i versamenti, e corroborando questi concetti con le testimonianze di coloro che si trovavano ai vertici della piramide, ossia quelle poche persone che sono riuscite a raggiungere i più alti livelli di carriera.
Coloro che si trovano ai vertici del sistema, nel corso di tali incontri, vengono anche premiati con macchine lussuose, a testimonianza del fatto che, generando sempre più shopping points (con versamenti in danaro e reclutando nuovi aderenti), si possono ottenere rilevanti vantaggi economici.
Tali elementi sono idonei a carpire la buona fede delle persone, inducendole in errore e determinandole all’atto di disposizione patrimoniale costituito dal pagamento della “fee” di ingresso per divenire Lyconet Premium e dai successivi versamenti per progredire nella carriera all’interno del sistema e veder il loro investimento effettivamente remunerato. Artifici e raggiri finalizzati a “procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”, per citare la definizione del reato di… truffa.
Avv. Franco Portento – Foro di Padova