Il giudizio penale non blocca l’azione civile congiunta verso il responsabile dell’incidente e l’assicurazione
Non va sospeso il giudizio civile per il risarcimento danni a seguito di un incidente stradale, nello specifico con esito mortale, intentato nei confronti dell’investitore e della sua compagnia assicurativa se iniziato dopo la pronuncia di primo grado in sede penale.
A stabilire l’importante principio le Sezioni Unite civili della Cassazione con la sentenza n. 13661/19 depositata il 21 maggio 2019.
Il giudice civile sospende la causa per il risarcimento
Il caso riguardava i familiari (la moglie, i figli e i fratelli) di un uomo deceduto a causa di un tragico sinistro, i quali hanno proposto un’azione civile avanti al Tribunale di Milano nei confronti del conducente del veicolo investitore e dell’impresa assicuratrice, dopo la condanna penale in primo grado dell’automobilista.
Ma il giudice istruttore aveva disposto la sospensione del processo perché, a seguito della costituzione come parti civili dei fratelli della vittima nel processo penale promosso nei confronti dell’imputato, peraltro iure proprio (e non già con la spendita, poi avvenuta in sede civile, della qualità di eredi del padre), era stata appunto pronunciata sentenza di primo grado di condanna dell’imputato, soltanto in esito alla quale era stata promossa l’azione civile.
I familiari della vittima ricorrono per Cassazione
I familiari hanno proposto ricorso per Cassazione contro il provvedimento di sospensione e la III Sezione ha ritenuto di investire le Sezioni Unite della complessa questione, se cioè il giudizio “dovesse essere necessariamente sospeso nei confronti di tutti i litisconsorti, o se la sospensione operasse soltanto in relazione all’azione risarcitoria nei confronti del conducente-imputato, o ancora se non operasse sospensione alcuna”.
Le Sezioni Unite osservano che il problema da risolvere è determinato dalla circostanza che i danneggiati hanno proposto la domanda risarcitoria nei confronti non soltanto dell’imputato-danneggiante, ma anche di un altro litisconsorte, ossia della società assicuratrice della responsabilità civile.
“Se infatti non vi fosse il cumulo soggettivo – chiarisce la sentenza – non vi sarebbe dubbio alcuno sull’applicabilità dell’art. 75, co. 3, del c.p.p. secondo cui: «se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge».
Una sospensione che, osserva la Corte, “sanziona” la scelta «attendista» del danneggiato.
Perché scatti la sospensione dev’esserci anche identità di soggetti
La natura derogatoria della disposizione tuttavia «ne impone interpretazioni restrittive». Per cui occorre che tra i due giudizi «vi sia identità, oltre che di oggetto, anche di soggetti».
«Estendere l’applicazione di un’ipotesi derogatoria a un caso, come quello in esame, in cui tutte le parti del giudizio civile non coincidano con tutte quelle del processo penale, sacrificherebbe in maniera ingiustificata l’interesse dei soggetti coinvolti alla rapida definizione della propria posizione, in aperta collisione con l’esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo» aggiungono le Sezioni Unite.
Nella sentenza si ammette che la dottrina afferma che «la concentrazione in unica sede» dei processi è un fattore di snellimento, ma si rimarca anche che la giurisprudenza della Corte Edu ha ritenuto che debbano essere computate cumulativamente la durata del processo penale e quella del successivo processo civile per la liquidazione del danno.
Quanto, poi, all’aspetto delle garanzie dell’imputato, la Corte ricorda la diversità di regole tra il processo civile e penale, in particolare riguardo il nesso di causalità, per cui «non è meritevole di tutela in questi casi l’interesse del danneggiante di attendere gli esiti del processo nel quale egli sia imputato».
Il principio di diritto
In conclusione la Cassazione a Sezioni Unite dunque annullato l’ordinanza di sospensione, disponendo la prosecuzione del processo dinanzi al Tribunale di Milano, e ha soprattutto affermato il seguente principio di diritto: «In tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile, i casi di sospensione necessaria previsti dall’art. 75, 3° co., c.p.p., che rispondono a finalità diverse da quella di preservare l’uniformità dei giudicati, e richiedono che la sentenza che definisca il processo penale influente sia destinata a produrre in quello civile il vincolo rispettivamente previsto dagli artt. 651, 651-bis, 652 e 654 c.p.p., vanno interpretati restrittivamente, di modo che la sospensione non si applica qualora il danneggiato proponga azione di danno nei confronti del danneggiante e dell’impresa assicuratrice della responsabilità civile dopo la pronuncia di primo grado nel processo penale nel quale il danneggiante sia imputato».