Per risarcire i danni da responsabilità medica si applicano le tabelle dei sinistri stradali
Continuando nell’approfondimento della raffica di pronunciamenti in tema di responsabilità medica pubblicate dalla Cassazione l’11 novembre, e già chiamate “nuove sentenze di San Martino”, spicca senza dubbio la fondamentale sentenza n. 28890/19 che stabilisce tutta una serie di punti controversi, a cominciare dall’applicazione delle tabelle per i sinistri stradali anche per il calcolo dei risarcimenti da malpractice sanitaria.
Il caso giudiziario
La Corte d’Appello di Genova, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva condannato una struttura sanitaria e alcuni medici al risarcimento dei danni – per fortuna di non gravissima entità, stimati in un’invalidità permanente del 6 per cento – sofferti da una bambina, in conseguenza di un errore nella diagnosi della patologia rara che la affliggeva (sindrome di Bartter, erroneamente interpretata come morbo di Hirschsprung).
I genitori della minore hanno proposto ricorso per Cassazione, reputando riduttivo l’importo liquidato, per la determinazione del quale i giudici avevano fatto ricorso alla Tabella delle lesioni micropermanenti di cui all’art. 139 d.l g. n. 209/2005, ossia il Codice delle Assicurazioni Private.
Le questioni poste dalla coppia hanno dato modo alla Suprema Corte di chiarire una serie di aspetti. Innanzitutto, gli Ermellini hanno ritenuto inammissibile – per difetto di specificità – il motivo di ricorso formulato in punto di “danno differenziale”, non avendo i ricorrenti sviluppato adeguatamente le relative argomentazioni, e avendo soprattutto omesso di specificare se e per quali ragioni intendessero rivendicare la sussistenza di lesioni policrone “concorrenti”, piuttosto che “coesistenti”, situazioni che (come la Cassazione ha specificato nella sentenza 28986/2019 depositata lo stesso giorno) producono conseguenze assai distinte sul piano risarcitorio.
Corretta l’applicazione delle tabelle per gli incidenti stradali
I giudici del Palazzaccio, poi, hanno rigettato il motivo di ricorso fondato sulla pretesa “irretroattività” della disposizione di cui all’art. 3, comma 3, del decreto “Balduzzi” (d.l. n. 158/2012), confermata dall’art. 7, comma 4, della legge “Gelli” (l. n. 24/2017), che ha imposto di liquidare il danno da medical malpractice utilizzando le Tabelle di cui al Cap in materia di sinistri stradali, assai riduttive rispetto a quelle di Milano.
La trasposizione del criterio tabellare alla responsabilità sanitaria “trova fondamento nelle analoghe esigenze sottese alle controversie risarcitorie che interessano le due materie, esigenze evidenziate direttamente dal Legislatore (…) e che debbono rinvenirsi nell’estensione del regime assicurativo obbligatorio alle strutture aziendali pubbliche e private ed ai professionisti sanitari, e nell’azione diretta attribuita al paziente danneggiato nei confronti della impresa assicurativa” recita la sentenza.
Per la valutazione delle lesioni macropermanenti restano valide la tabelle milanesi
Va altresì ricordato, tuttavia, che ad oggi risulta vigente la sola Tabella per le lesioni “micropermanenti” (sino al 9 per cento di invalidità permanente), perché non è stata ancora approvata quella dedicata alle “macropermanenti” (dal 10 al 100 per cento di I.P.). A queste ultime, dunque, ha precisato la Cassazione, al momento si continuerà ad applicare le Tabelle di Milano.
In proposito, la Corte ha specificato che la norma sopravvenuta non ha modificato con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della responsabilità medico-sanitaria: l’introduzione del sistema liquidatorio tabellare, cioè, non incide sugli elementi valutativi che sono ritenuti determinanti ai fini dell’accertamento dell’entità del danno subito dal paziente, quali il grado di invalidità, l’aspettativa di vita e così via, e lascia intatto anche il criterio di rivedibilità del valore punto secondo periodiche rilevazioni statistiche, ma si è limitato a definire l’ambito delle modalità di esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno, attribuito al Giudice ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c.
Si tratta, insomma, solo della “espressione della misura monetaria della perdita di validità biologica ritenuta più adeguata a garantire il ristoro dell’effettivo danno patito, rispetto ad altri criteri affidati alla cosiddetta discrezionalità pura a cui il Giudice avrebbe potuto ricorrere al momento di procedere alla aestimatio”. Pertanto, essa è direttamente applicabile nel corso dei processi che non siano ancora definiti (salvo che si sia formato un giudicato interno sul quantum).