Oscuramento dei dati personali solo per “validi motivi”

Quando viene diffusa e pubblicata la sentenza di un procedimento, le parti in causa possono richiedere l’oscuramento dei loro dati identificativi? La risposta è affermativa ma devono ricorrere dei buoni motivi, come la delicatezza della materia o la presenza di dati sensibili. Ad occuparsi dell’attualissima questione di tutela della privacy la Cassazione, quinta sezione civile, nell’ordinanza n. 22561/21 depositata il 10 agosto 2021, su una controversia in realtà di tutt’altra natura.

 

Un contenzioso “fiscale” tra un notaio e gli acquirenti di una casa e l’Agenzia delle Entrate

Una coppia aveva acquistato avanti un notaio con atto di compravendita del 2013 una porzione di fabbricato costituito da un’abitazione ed un garage nonché un lastrico solare posto sul box. L’ufficio territoriale di Padova dell’Agenzia delle Entrate però aveva notificato al notaio un avviso di liquidazione per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale con riferimento al lastrico solare: l’ufficio, ritenendo che esso non rientrasse nelle specifiche categorie considerate pertinenze, aveva liquidato l’imposta con le aliquote ordinarie previste per i trasferimenti dei fabbricati.

L’avviso era stato impugnato dal notaio e dalle parti deducendo che, trattandosi di acquisto di prima casa, anche sul lastrico solare, in quanto pertinenza, andava applicata l’aliquota agevolata, e il ricorso in primo grado era stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale.

L’ufficio territoriale dell’agenzia, però, aveva appellato la sentenza sostenendo che il lastrico solare non si poteva considerare pertinenza e quindi non poteva godere delle agevolazioni di prima casa, e la Commissione Tributaria regionale del Veneto aveva accolto l’appello, rilevando che per pertinenze, secondo l’art. 1 nota II bis della tariffa parte prima allegata al TUR e le relative circolari dell’Agenzia dell’entrate, si dovevano intendere i box, i garage e gli immobili classificati nelle categorie C2 C6 e C7, mentre il lastrico solare (F5) non rientrava nelle previsioni della norma agevolativa.

I ricorrenti chiedono l’oscuramento dei dati nella sentenza

A questo punto sono stati il notaio e i due contribuenti a proporre ricorso per Cassazione con un unico motivo, ma presentando anche – per l’appunto – un’istanza preliminare per la omissione dei dati dei ricorrenti nel caso di comunicazione della sentenza a terzi, ai sensi dell’articolo 52 comma primo del Dlgs n. 196/2003. E quindi la Suprema Corte di è dovuta esprimere preliminarmente proprio sulla richiesta di oscuramento dati.

 

La richiesta va sempre avanzata per tempo in cancelleria specificandone i “motivi legittimi”

L’art. 52 del D.lgs. n. 196 del 2003 prevede che l’interessato possa chiedere per motivi legittimi, con istanza depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede, e prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

Ciò significa – precisano però gli Ermellini – che la domanda di oscuramento deve essere specificamente proposta e anche essere sostenuta dall’indicazione dei motivi legittimi che la giustificano, motivi che parte deve specificare. E all’onere di specificazione del motivo corrisponde il potere-dovere del giudice di vagliarne la legittimità, da intendersi in questo senso come meritevolezza delle ragioni addotte e non semplicemente come conformità della richiesta ad una facoltà prevista dalla legge, diversamente l’onere di indicazione dei motivi non avrebbe alcuna ragione d’essere”.

 

Vanno bilanciate le esigenze di riservatezza del singolo con quelle di informazione giuridica

La norma in esame, in effetti, fa notare la Cassazione rilevando certamente una lacuna legislativa che andrebbe sanata, non specifica quali siano i motivi legittimi che giustificano la richiesta e quindi “si tratta di una di quelle clausole generali che devono essere interpretate in conformità ai principi fondamentali dell’ordinamento, operando un bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica”.

Ragioni legittime possono essere la presenza di dati sensibili e la delicatezza della materia

Qui i giudici del Palazzaccio chiamano in soccorso le linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica, pubblicate sulla G.U. n. 2 del 4 gennaio 2011, ove al punto 3, si indicano come motivi legittimi “la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (come nel caso di dati sensibili) ovvero la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio”.

 

Una questione tributaria e di mera interpretazione di norme non rientra nella casistica

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, l’istanza di oscuramento non merita accoglimento, “in primo luogo perché le parti non hanno specificato quali sono i motivi legittimi dell’oscuramento, limitandosi ad invocare l’applicazione della norma”.

Ma oltre a questa ragione vi è anche quella della materia in questione perché, prosegue la sentenza, anche in linea generale, “può dirsi che una contesa tributaria fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l’erario offrono di una norma di legge, non contiene alcun dato sensibile, né si tratta di materia particolarmente delicata come ad esempio quelle che incidono sui diritti personalissimi. Non essendovi poi imputazione di illecito, non sono neppure in discussione l’onore e la reputazione delle parti, che non hanno tenuto un comportamento elusivo, ma si limitano a dissentire dall’interpretazione data dall’erario ad una norma di legge”.

Per il notaio e gli acquirenti dell’immobile, quanto meno, la consolazione che il loro motivo di doglianza nel merito della controversia in oggetto alla fine è stato accolto “Sul lastrico solare – conclude per la cronaca la Cassazione -, questa Corte ha già affermato il principio, a cui il Collegio intende dare continuità, che in tema di imposta di registro, ai fini dell’estensione dell’aliquota agevolata per l’acquisto della prima casa, deve intendersi compreso tra le pertinenze dell’immobile, destinate al servizio e ornamento dell’abitazione oggetto dell’acquisto, ai sensi della nota II-bis all’art. 1 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificata dall’art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e sulla base della nozione dettata dall’art. 817 cod. civ., anche il lastrico solare di proprietà esclusiva dell’acquirente, senza che rilevi che il bene sia censito unitamente all’immobile principale, né che l’acquisto della pertinenza sia concluso con atto separato, assumendo la norma tributaria, nel riferimento alle unità immobiliari di classificazione catastale C2, C6 e C7 ,mera valenza complementare rispetto alla citata mozione civilistica”. Con conseguente accoglimento definitivo del ricorso, ma con pubblicazione e mantenimento di nomi e cognomi dei protagonisti nella sentenza.

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