Discopatia lombare per l’autista di bus: Inail condannato a indennizzarlo
Una vita passata sul sedile di guida di mezzi pubblici non proprio modello di confort ben giustifica la rendita dell’Inail per malattia professionale, alla schiena in particolare.
Perché è vero, come obietta l’Istituto, che nell’ultimo ventennio le condizioni degli autobus sono molto migliorate per gli autisti, ma è altrettanto vero che prima le attenzioni e le dotazioni al riguardo non erano così spiccate.
Un autista Atac chiede la rendita per malattia professionale per una discopatia lombare
La vicenda in questione riguarda un dipendente dell’Atac, l’Azienda per la mobilità di Roma, autista di linea pubblica, il quale aveva chiesto il riconoscimento della malattia professionale e il relativo indennizzo all’Inail a causa di gravi problemi alla colonna vertebrale, in particolare una “discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx”, diagnosticatagli tra il 2016 e il 2018, con una conseguente menomazione all’integrità psicofisica superiore al tetto del 6%: problematiche chiaramente sopraggiunge dopo aver condotto i mezzi per quasi quarant’anni.
L’Inail, tuttavia, ha rigettato la domanda: secondo i medicI legaI dell’istituto, con parere espresso nel 2020, il rischio lavorativo a cui era stato esposto il danneggiato non sarebbe stato idoneo a provocare la malattia in questione. “Tutte le misure disponibili mostrano che nel trasporto pubblico, da almeno 20 anni, l’esposizione a vibrazioni dei lavoratori conducenti, valutata mediante il calcolo della accelerazione equivalente ponderata in frequenza riferita ad 8 ore di lavoro A(8), sia stata sempre inferiore (anche significativamente) al Valore di azione (0,5 m/secondo al quadrato) per tutte le linee e per tutti i mezzi. Il rischio da posture incongrue può essere cautelativamente stimato come medio per il periodo degli anni ’80, basso per gli anni ’90 e sicuramente lieve e/o non significativo dagli anni 2000” aveva concluso la collegiale medica.
Il lavoratore è stato qui di costretto a citare in causa l’Istituto avanti il Tribunale di Roma, II Sezione Lavoro, per ottenere per l’appunto il riconoscimento della natura professionale della patologia denunciata nel 2018 in relazione alla sua attività di autista di linea, con una menomazione dell’integrità psico-fisica reclamata pari al 15% e comunque non inferiore al 6%, con conseguente condanna al pagamento dell’indennizzo in capitale ovvero della rendita ex art. 13 D. Lgs. n. 38/2000. I giudici hanno quindi disposto una consulenza tecnica medico legale e il Ctu non ha affatto condiviso le conclusioni dell’Inail, reputando non “oggettiva” la valutazione.
Il Ctu del Tribunale evidenzia come negli anni’80 le condizioni di guida fossero “precarie”
Il conducente, infatti, ha osservato il consulente tecnico, aveva svolto la professione di autista quasi ininterrottamente dal gennaio del 1978 al maggio del 2015, e non solo nell’ultimo periodo di servizio, dove il “rischio da esposizione a vibrazione” è stato ritenuto basso. Inoltre, il Ctu ha evidenziato come l’Inail non avesse contestato le numerose evenienze comprovate dal legale del lavoratore, ad esempio che le vetture utilizzate dall’Atac erano dotate di sospensioni pneumatiche “che spesso risultavano mal funzionanti, tant’è che la salita sull’autobus fu portata a livello del marciapiede e di conseguenza le sospensioni risultavano ancor più rigide”, oppure che “lo svolgimento in tali condizioni dell’attività di guida per tutti questi anni ha comportato continui micro e macro traumi i quali, uniti alla postura obbligata, hanno inciso negativamente sulla colonna vertebrale del ricorrente determinando l’insorgenza di discopatia lombare”.
Ancora, il medico legale incaricato dal Tribunale ha evidenziato come l’Istituto avesse riportato un Documento di Valutazione dei Rischi dell’Azienda datato 2017 e non di epoca precedente, “allorché i rischi per la colonna vertebrale erano di certo di superiore entità rispetto a quelli successivi al 2000, così come affermato dallo stesso Istituto nelle considerazioni mediche del 20/4/2020”. Il Ctu ha addotto anche numerosi studi epidemiologici che hanno provato come l’eccesso di rischio per lombalgie e altri disturbi muscolo-scheletrici negli autisti professionisti fossero associati proprio all’anzianità di guida, alla magnitudo e alla durata dell’esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero.
Accertato il danno biologico permanente, Inail condannata all’indennizzo
Infine, ha sottoposto a visita medico legale il conducente, affermando come l’esame obiettivo avesse messo effettivamente in evidenza “un quadro disfunzionale che adeguatamente è stato valutato nella misura dell’8% tenuto conto peraltro del danno sensitivo motorio documentato con esame EMG. Quindi dalla malattia professionale denunciata (discopatia lombare in spondiloartrosi con sofferenza radicolare L5 -S1 dx) è derivato causalmente un danno biologico nella misura dell’8% ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 38/00 con decorrenza dalla data della domanda.”
Il Giudice del Lavoro ha condiviso le conclusioni della Ctu, ritenendo fondata domanda e riconoscendo al lavoratore il diritto all’ indennizzo in capitale di cui all’art. 13 c.2 lett.a) del d.lgs. n. 38/00 rapportato al grado di menomazione all’integrità psico-fisica nella misura complessiva del 8 % subita in conseguenza dell’attività lavorativa svolta a decorrere dalla domanda amministrativa, secondo la valutazione effettuata dal consulente tecnico. L’Inail è stato dunque condannato alla corresponsione del relativo indennizzo in capitale pari al 8%, oltre alle spese di lite e per la consulenza medico legale.