La consulenza tecnica preventiva: chi la paga?
Le spese della consulenza tecnica preventiva obbligatoria in materia di responsabilità sanitaria vanno anticipate dal ricorrente: secondo la Corte costituzionale questa previsione normativa non pregiudica il diritto alla tutela giurisdizionale.
Una decisione che farà discutere e che comunque conferma quanto sia importante il servizio svolto da una realtà come Valore S.p.A., che sceglie appositamente di farsi carico (anche) di tutte le onerose spese della varie consulenze tecniche necessarie per le pratiche dei suoi assistiti, proprio per dare la possibilità a tutti, anche a coloro che non potrebbero permetterselo economicamente, di far valere i priori diritti.
La Ctu preventiva obbligatoria nei casi di malasanità
La questione, che può sembrare tecnica ma che in realtà è di primaria importanza, riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 1 e 2, della Legge n. 24/2017, che disciplina la CTU preventiva introdotta come condizione di procedibilità della domanda di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria: un passaggio dunque obbligatorio per il danneggiato per ottenere giustizia.
Il problema nasce dal fatto che il giudice non può addebitare, neppure in misura parziale, a una parte diversa dal ricorrente, il costo, comprensivo dei compensi legali, dell’attività del collegio nominato per lo svolgimento della consulenza tecnica d’ufficio nel procedimento di cui agli artt. 696-bis c.p.c. e 8 l. n. 24/2017, che ha reso, come detto, tale procedimento condizione di procedibilità della domanda giudiziale di merito.
Nel caso specifico, il giudice che ha “rimesso” la questione di legittimità alla Consulta, e che nel procedimento principale aveva posto l’anticipazione delle spese della CTU a carico di entrambe le parti in solido, intendeva poter pronunciare la condanna al loro pagamento, come spese processuali, già all’esito del procedimento di CTU preventiva, tenendo conto dell’esito favorevole al ricorrente, senza che la loro regolamentazione fosse necessariamente differita all’esito del successivo giudizio di merito sulla pretesa risarcitoria.
È costituzionale non poter regolare le spese tra le parti già all’esito della consulenza?
Una considerazione basata sulla convinzione, tutt’altro che infondata, che il differimento delle spese al giudizio di merito stabilito dalla legge possa costituire, in determinati casi, come ad esempio per chi non rientra nel patrocinio a spese dello Stato ma versa in condizioni economiche precarie, un ostacolo all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, garantito dall’articolo 24 della Costituzione, e possa dare quindi luogo a una disparità di trattamento, determinando in questo modo un accesso differenziato alla tutela giurisdizionale in ragione delle capacità economiche della parte ricorrente (in violazione di un altro articolo della Carta, il terzo).
Dunque, il giudice rimettente ha sollevato una serie di problematiche di non poco conto, ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 87/2021, depositata il 5 maggio 2021, non ha aderito a queste obiezioni. La Consulta ha rammentato che il procedimento disciplinato dall’art. 696 bis cpc è finalizzato, principalmente, alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare una parte istruttoria fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate – come quelle in tema di responsabilità sanitaria – da questioni soprattutto tecniche.
La finalità è chiaramente deflattiva, essendo improntata a favorire l’accordo delle parti, previo accertamento delle questioni tecniche e medico-legali.
Secondo la Corte non si porrebbe la diversità, che aveva invece sostenuto il giudice rimettente, tra la procedura di cui all’art. 696 bis cpc e quella disciplinata dall’art. 445 bis cpc. Quest’ultimo infatti, si fa notare, stabilisce che, nelle controversie in materia di invalidità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti deve presentare al tribunale istanza di Atp, Accertamento Tecnico Preventivo.
Terminate le operazioni peritali, in assenza di contestazioni delle conclusioni del CTU, il Giudice provvede sulle spese.
Non essendoci nella Ctu verifica sull’accordo tra le parti, non si può provvedere alle spese
La Consulta evidenzia che in tale tipo di procedimento, il Giudice regola le spese quando la fase dell’accertamento tecnico chiude il contenzioso in ragione dell’accordo delle parti, espresso o tacito. Nel procedimento 696 bis cpc, invece, questa verifica da parte del Giudice, riguardo l’accordo delle parti sull’esito dell’accertamento peritale non è prevista, e ciò giustifica che in nessun caso si possa provvedere sulle spese processuali.
“Con riferimento alla consulenza tecnica preventiva introdotta come condizione di procedibilità della domanda di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, il differimento della regolamentazione delle spese processuali, comprensive delle spese della consulenza tecnica, all’esito del giudizio di merito avente ad oggetto la pretesa risarcitoria, è giustificato e non crea un ostacolo, eccessivo e rigido, che possa pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale” sentenzia dunque la Consulta, rilevando infine come “il legislatore goda di un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute.
Tale limite viene superato esclusivamente qualora emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire, mediante l’imposizione di oneri o modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale”.