Il cambio di direzione o di corsia sulla strada: norme e rischi
Il Codice della Strada, Decreto Legislativo del 30 aprile 1992, n.285, è composto da 245 articoli (e integrato da un Regolamento a sua volta formato da 408 articoli e 19 appendici), che tentano di disciplinare nel suo insieme la circolazione stradale e quanto ad essa pertinente in termini di arredi, veicoli e comportamenti, per rendere la guida di un veicolo su strada più coordinata e sicura possibile.
Il cambiamento di direzione nel Codice della Strada
Generalmente, la parte del Codice con cui si ha più a che fare è il Titolo V, l’argomento che disciplina le norme di comportamento (artt.140-193), tra cui l’art. 154 tramite il quale il legislatore indica le modalità di attuazione di una manovra che ultimamente è sempre più spesso fonte di incidenti, il “Cambiamento di direzione, di corsia o altre manovre”, che costituisce un buon 80 per cento delle cause dei sinistri stradali, in relazione sia alla temporalità di esecuzione, sia alle traiettorie obbligate, sia alle segnalazioni necessarie e pertinenti da attuarsi prima e durante tali manovre: a volte, nella ricostruzione degli incidenti, si tende a non dare il dovuto rilievo all’analisi delle manovre che non siano quelle elementari del cambiamento di direzione, mentre in senso tecnico sono da considerare “manovre” tutte le variazioni di traiettoria e moto.
Si tenterà pertanto di illustrare la portata dell’art. 154 C.d.S. con il suo perimetro tecnico di validità, oltre che quello normativo, chiarendo con quale modalità le manovre ivi previste siano disciplinate e debbano essere attuate, quali siano gli errori da evitare nel compierle e come vada individuato il rapporto “tecnico-giuridico” tra il comportamento dell’utente stradale disciplinato da detta norma e l’incidente verificatosi, anche osservando che l’orientamento giurisprudenziale porta a non ammettere esclusioni aprioristiche di responsabilità dell’uno o dell’altro conducente coinvolto, ma a vagliarle a fronte dei singoli comportamenti, ovvero ritenendoli a monte entrambi responsabili fino a prova contraria.
Infatti, come il conducente che sorpassa un veicolo che precede deve adottare ogni cautela del caso nel compiere la sua manovra (art.148 C.d.S.), qualora non accadesse, ciò non esclude che parte della responsabilità dell’evento ricada, comunque, sul conducente del veicolo sorpassato che stia, magari, eseguendo una svolta a sinistra.
Le condotte disciplinate dall’art. 154 CdS
Ma ecco le condotte che l’art. 154 si prefigge di disciplinare:
– l’immissione nel flusso della circolazione (ad esempio, da un parcheggio al margine stradale ci si inserisce nella corrente di traffico favorita);
– il cambiamento di direzione o corsia (es., manovra frequente quando si procede per file parallele e una colonna di traffico rallenta e/o si arresta; quando ci si accinge a sorpassare un veicolo che precede; quando ci si vuole immettere sulla corsia dedicata in vista di una svolta);
– l’inversione del senso di marcia (es., se si viaggia in una direzione e si decide di cambiare percorso facendo inversione è il caso più “grave” contemplato dalla norma in esame, e anche quello potenzialmente più pericoloso);
– la manovra di retromarcia (considerata come un “cambio di direzione” che può divenire rischioso poiché richiede un’attenzione particolare stante una visibilità diminuita rispetto alla marcia in avanti e perché, seppur per brevi percorsi, si procede in direzione contraria a quella degli altri veicoli);
– la svolta a destra o sinistra (es, svoltare mettendo la freccia direzionale luminosa del veicolo contestualmente alla manovra equivale a non metterla, poiché non lascia tempo e spazio agli altri conducenti con cui la manovra avrà interferenza di adeguarsi di conseguenza, mentre l’aver azionato la freccia per tempo non esime in ogni caso da responsabilità in caso di incidente. L’articolo 154 coinvolge ogni situazione di svolta, senza distinzione di strada o veicolo, imponendo comportamenti precisi onde segnalare con adeguato anticipo ogni intenzione in tal senso);
– impegnare un’altra strada (il veicolo occupa “fisicamente” uno spazio, una porzione di strada, pertanto, realizzando una manovra che “impegni” un tratto stradale diverso da quello che si percorreva inizialmente, come un incrocio con possibilità di occupare la carreggiata di marcia opposta, bisogna adottare le necessarie cautele, anche prevedendo il tempo necessario a tal fine. Es., un autoarticolato lungo 12 metri impiega più tempo di un motociclo o di un’auto per eseguire la medesima manovra di svolta alla medesima velocità);
– l’immissione in un luogo non soggetto a pubblico passaggio (nel caso in cui da una strada pubblica si svolti in una privata o in un’area riservata, come il parcheggio di un supermercato, si compie una manovra che potrebbe costituire pericolo o intralcio per gli utenti che percorrono la strada pubblica o quelli che provengono dalla parte privata o che si trovano all’interno di questa, il che impone di adottare determinati accorgimenti);
– la fermata (es., un veicolo che si blocca all’improvviso e senza valido motivo al centro della strada o si fermi in zone non consentite può essere sempre pericoloso per chi lo segue, stante il rischio di un tamponamento se la frenata è improvvisa e/o imprevedibile, o se nella fermata il veicolo occupa una porzione stradale diversa da quella di norma destinata alla sosta).
Le regole e le cautele da osservare
Ciò premesso, la domanda a cui rispondere è: “come vanno effettuate queste manovre visto che il C.d.S. stabilisce solo i criteri generali di comportamento, non potendo prevedere e gestire ogni situazione tramite regole analitiche e dedicate?
La prima regola che costituisce le fondamenta dell’intero argomento, e che si trova alla base di ogni comportamento, è il buon senso, ossia la prudenza che inizia con il compiuto accertamento dello spazio in cui si manovra e/o si marcia, senza trascurare la vecchia ma sempre valida buona regola aeronautica “Se non ti vedo, non vuol dire che tu non ci sia”, a significare che, qualora ognuno dei componenti il traffico circolante rispettasse i propri obblighi indipendentemente dalla presenza o meno degli altri, ciò che resterebbe sarebbe proprio “l’incidente” nella sua più stretta accezione letterale di “evento inatteso” derivante da causa fortuita e non dipendente dall’omissione di un determinato conducente. Ad esempio, anche se si ritiene di essere il solo utente stradale e si intende svoltare all’incrocio successivo, si aziona comunque l’indicatore direzionale preposto perché dietro o accanto possono esserci veicoli che non si sono avvistati, ma che avranno così contezza delle altrui intenzioni.
Di riflesso, proprio perché generali, i criteri disciplinati dal C.d.S. “dovrebbero” essere conosciuti e osservati da ogni conducente, nonché applicati in tutte le situazioni, tramite due semplici regole, citate peraltro dallo stesso art. 154:
- assicurarsi, prima di compiere ogni manovra, e controllare quanto più possibile durante la sua intera esecuzione, che essa non costituisca “pericolo o intralcio” per gli altri utenti stradali (es., nello svoltare a sinistra a velocità bassissima ci si potrebbe accorgere solo a manovra iniziata della presenza di un motociclo in sorpasso che prima non si era avvistato, ma stante la bassa velocità e il proseguito controllo ci si potrebbe arrestare in tempo onde consentirgli il transito, seppur la velocità e la posizione del motociclo siano irregolari e illegittimi);
- segnalare con “sufficiente anticipo” l’intenzione di cambiare direzione e/o di effettuare un’altra delle manovre indicate dalla norma (chi segue nella marcia potrà meglio capire le intenzioni di chi precede e adeguarsi di conseguenza e prima di compiere una scelta sbagliata, magari sorpassando a destra se si è messo l’indicatore direzionale sinistro con dovuto anticipo).
La svolta va sempre segnalata in anticipo
E’ logico, inoltre, che in tutto ciò occorre sempre prestare attenzione alle condizioni della strada e del traffico, anche pedonale: un frequentato incrocio urbano pieno di ostacoli visuali mobili richiederà più cautela rispetto a un contesto poco trafficato e con migliore visibilità panoramica generale dell’ambiente, così come, se su una strada a scorrimento veloce si anticipa la segnalazione di svolta azionando per tempo l’indicatore direzionale prima di intraprendere la manovra, si fornirà agli altri utenti ogni informazione utile onde prevedere nonché adeguarsi alle intenzioni di chi precede, in forza del fatto che, date le più velocità di transito, i tempi per ogni manovra si riducono.
Per tale variabilità di strada, traffico e visibilità il C.d.S. non stabilisce infatti di inserire l’indicatore direzionale un certo numero di secondi prima della manovra o a una determinata distanza dal punto di svolta, ma impone nella sua attuazione e/o gestione di tenere conto della posizione, distanza e direzione degli altri veicoli, pedoni compresi, oltre che delle caratteristiche della strada percorsa.
Ciò significa che il “sufficiente anticipo” che il C.d.S. richiede onde segnalare ogni manovra che comporti una variazione di traiettoria e/o direzione è, nello specifico, pensato e quindi indirizzato, alla corretta e maggiore “comunicazione” che deve intercorrere tra tutti gli utenti, evitando il più possibile di affidarla alla sola capacità individuale di questi ultimi di “prevedere” le possibili intenzioni del singolo e/o ancor meno di confidare nell’abilità di ogni utente di adeguarsi in “tempo reale” alle manovre altrui, tant’è che è la medesima norma a imporre di segnalare in anticipo anche la “semplice” intenzione di rallentare per accostare e fermarsi a bordo strada.
Il caso dell’incidente tra un veicolo che svolta a sinistra e uno in sorpasso
Per definire uno dei criteri onde individuare il rapporto “tecnico-giuridico” tra il comportamento dell’utente stradale disciplinato dall’articolo 154 del C.d.S. e l’incidente verificatosi, si immagini quello che sempre più spesso accade quando una vettura in manovra di svolta a sinistra entra in collisione con un motociclo che si accingeva a sorpassarla, sempre a sinistra: per risultare scevro da responsabilità l’uno o l’altro conducente deve innanzitutto provare di aver operato nei termini delle rispettive norme del Codice e/o che l’altro conducente abbia in tutto o in parte contribuito alla verificazione dell’incidente per violazione integrale e/o parziale anche di una sola di tali norme.
Perciò, quanto all’automobilista andrà verificato se la sua manovra sia avvenuta con l’adozione degli accorgimenti necessari e, nello specifico, in conformità del comma 3/b dell’art. 154 del C.d.S., poiché solo accostandosi il più possibile all’asse della carreggiata e, qualora si tratti d’intersezione, eseguendo la svolta in prossimità del suo centro e a sinistra di questo (salvo diverse segnalazioni), si potrà fornire a ogni altro utente stradale l’indicazione comportamentale utile circa le proprie intenzioni, che dovranno sempre essere precedute dalla corretta indicazione direzionale luminosa, oltre che di un adeguato tempo di manovra, ovvero accertandosi dapprima e durante tutta la sua esecuzione che nessun altro utente stradale sopraggiunga da tergo (o in direzione opposta), anche se in posizione irregolare e/o a velocità eccessiva. Il tutto sempre ricordando che il panorama di cui si gode tramite ogni specchio retrovisore (nessuno escluso) fornisce parziale, nonché indiretta, visuale della “circolazione reale” circostante e che questa, in qualsiasi contesto di traffico, tempo e luogo, evolve con rapidità tale che ciò che un istante prima non era presente, visibile e/o avvistabile, può diventarlo poi improvvisamente, con conseguenze tragiche.
Anche chi è davanti e gira può essere ritenuto responsabile
In tal caso, qualora l’evento infortunistico si sia così realizzato, si dovrà verificare quale possa essere stata la modalità geometrica della manovra compiuta dall’automobilista (quanto spazio abbia coperto dall’iniziale posizione di marcia al punto o alla zona d’urto) in relazione alla sua velocità di spostamento (calcolo della velocità tramite il sistema ritenuto utile, ovvero tecnicamente consono alla fattispecie analizzata e agli elementi oggettivi disponibili), così da poter anche definire il tempo di realizzazione della manovra dello stesso, e quindi se all’inizio di questa e/o nel suo prosieguo, potesse essere per lui possibile avvedersi del sopraggiungente veicolo in sorpasso da tergo.
Se da tale valutazione, da eseguirsi anche di riflesso alla “cinematica” del veicolo sorpassante, o sopraggiungente da tergo, emerge che l’automobilista si sarebbe potuto accorgere prima di iniziare la sua manovra della presenza del veicolo in sorpasso, seppur questo si trovasse comunque in lontananza, la sua responsabilità sarà impegnata fintanto che non si dimostri il contrario, ovvero che il veicolo sorpassante, stante la propria velocità e posizione, non era visibile od avvistabile quando la manovra dell’automobilista aveva avuto inizio, divenendo quest’ultima in ogni caso irreversibile poiché troppo avanzata nel momento in cui l’automobilista si avvedeva del veicolo sorpassante, tanto che pur arrestandosi non sarebbe in ogni caso riuscito a evitare di intralciarne la traiettoria.
L’evitabilità dell’evento e l’analisi contro-fattuale
Tale impostazione di analisi si definisce anche “Evitabilità dell’evento”, da eseguirsi in combinato con la cosiddetta “Analisi contro-fattuale”, ossia la valutazione della “Alternativa lecita”, e cioè: a pari modalità di manovra del conducente semmai inosservante la norma, cosa sarebbe accaduto modificando il comportamento dell’altro conducente?
Un esempio in tal senso potrebbe essere un automobilista che svolta a destra e/o a sinistra, pur senza inserire l’indicatore direzionale e/o “senza soluzione di continuità”, ovvero senza arrestarsi prima dell’inizio della sua manovra poiché non obbligato a farlo, ma quando il motociclo non era visibile poiché così veloce da essere lontanissimo e/o magari nascosto da altro traffico veicolare e/o proveniente da dietro un tratto curvilineo, restando in ciò ovvio che solo con una velocità inferiore del veicolo sorpassante l’incidente poteva essere evitato, interrompendosi di conseguenza il c.d. “rapporto tecnico-giuridico” tra il comportamento omissivo dell’automobilista in manovra di svolta e la norma violata (mancata indicazione direzionale), poiché l’incidente si sarebbe comunque verificato anche se il suo comportamento fosse stato compiuto e integerrimo, venendo la sua omissione assorbita integralmente dall’abnorme velocità del veicolo sorpassante, che diveniva così inevitabile come l’incidente (attenzione però, ciò che vale in termini di responsabilità penale, può non valere altrettanto in termini di responsabilità civile e viceversa).
Ogni caso va analizzato con le sue peculiarità
Quanto fin qui osservato non deve ritenersi approccio obbligato ed esclusivo alle valutazioni del caso in particolare, poiché ogni fattispecie e situazione infortunistica è diversa, richiedendo ognuna un determinato approccio di analisi e valutazione, come la copiosa giurisprudenza sul punto insegna. La Cassazione ha sancito la piena responsabilità per omicidio colposo a carico di un conducente che, percorrendo un rettilineo, aveva improvvisamente girato a sinistra senza segnalarlo in anticipo e senza essersi curato del sopraggiungere di un motociclista che decedeva nell’impatto (sentenza 17.05.2018, n.43544): l’automobilista non aveva guardato lo specchietto retrovisore, altrimenti si sarebbe potuto accorgere del sopraggiungere della moto e per i giudici questo “difetto di attenzione” è stato la causa dell’incidente sufficiente per affermare la responsabilità penale del conducente dell’auto per omicidio colposo.
Di contro, la Suprema Corte (ord. 19.12.2013, n. 28488) ha giudicato il caso di un automobilista che nello svoltare aveva invaso la corsia opposta dove sopraggiungeva un veicolo che la percorreva regolarmente e con il quale si scontrava, ritenendo in ciò “grave negligenza” l’aver intrapreso tale manovra creando intralcio e pericolo ai veicoli che sopraggiungevano nella propria corsia, segnalando che in entrambe le circostanze la velocità del veicolo che aveva la peggio non era del tutto consona ed adeguata, senza che ciò tuttavia costituisse un esimente utile e quindi sufficiente ad evitare la condanna dell’automobilista.
In definitiva, violare l’art. 154 può costare molto caro in termini di vite umane, non solo quelle purtroppo perdute, ma anche quelle che, “sopravvissute”, dovranno affrontare un lungo e psicologicamente gravoso procedimento penale necessario a stabilire le modalità dell’evento, da cui le conseguenti responsabilità.
Ing. Gianluca Penta – Perito cinematico