Dirigente scolastico responsabile in caso di infortuni agli alunni
La scuola è ambiente di vita per gli alunni, rappresenta una vera e propria seconda casa e, allo stesso tempo, è anche un ambiente di lavoro, ragion per cui la sicurezza negli istituti scolastici rappresenta uno degli obiettivi principali della normativa, sia comunitaria che nazionale.
In tal proposito, il D.lgs. 81/08, che riordina la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, all’art 3, comma 1, precisa: “il presente Decreto si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.”
Al comma 2 si stabilisce inoltre che le disposizioni del D.lgs. sono applicate, tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, anche agli istituti di istruzione, di educazione e formazione, di ogni ordine e grado.
Scuola assimilata a un ambiente di lavoro
Dunque, come detto, la scuola è assimilata a tutti gli effetti ad un luogo di lavoro dove gli studenti sono equiparati ai lavoratori, il personale docente, poiché costituito da soggetti deputati anche al controllo e alla sorveglianza sulle attività scolastiche, ricopre il ruolo del preposto ed il dirigente scolastico riveste quello di datore di lavoro, con tutti gli obblighi tipici connessi, fra i quali, la valutazione di tutti i rischi, l’elaborazione del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), la designazione del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), eccetera.
Preside considerato datore di lavoro
Se, invero, il preside della scuola, non essendo proprietario dell’immobile, non ha poteri decisionali in merito alla manutenzione dell’edificio, generalmente di proprietà del Comune o della Provincia, egli viene comunque considerato dalla legge “datore di lavoro” e, quindi, in caso di infortunio dovuto ad una carenza dell’edificio scolastico, lo stesso è penalmente responsabile. In particolare, sul dirigente scolastico grava l’obbligo di vigilare sulla messa in sicurezza della struttura ed, essendo responsabile del rispetto delle norme antinfortunistiche, su di lui grava l’obbligo di informare prontamente chi di dovere per intervenire nel più breve tempo possibile onde verificare le fonti di pericolo.
Ne deriva che, nel caso di infortunio di un alunno causato da strutture scolastiche non a norma, il preside sarà penalmente responsabile per non aver prontamente segnalato le problematiche afferenti la sicurezza scolastica agli enti che hanno il potere di intervenire, mentre il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, su cui incombe l’onere di individuare il rischio e di valutarlo, sarà corresponsabile per non avere segnalato al dirigente l’esigenza di intervenire indicando i necessari interventi preventivi e/o protettivi.
Ad ogni buon conto, se chi di dovere non dovesse intervenire in tempi brevi, il preside è comunque tenuto a prendere le misure necessarie a scongiurare il rischio di infortuni e, dunque, finanche a sospendere le lezioni e tutte le altre attività scolastiche.
Una sentenza della Cassazione
Questi sono i principi sanciti dalla sentenza della IV Sezione penale della Corte di Cassazione n. 37766, del 12.09.2019, che individua la responsabilità personale del dirigente scolastico e del responsabile della sicurezza e della prevenzione e protezione nei precetti contenuti nel D.lgs. 81/2008 (Testo Unico della sicurezza sul lavoro) art. 18, comma 3, e art. 33.
Nello specifico, gli Ermellini, giudicando il caso di uno studente che, scivolando, aveva sfondato un cupolino cadendo al piano di sotto e riportando gravi traumi, hanno respinto il ricorso della preside e del responsabile della sicurezza dell’istituto confermando la loro condanna per il reato di lesioni colpose gravi già emessa nei precedenti gradi di giudizio: erano ben a conoscenza del pericolo rappresentato dal solaio in questione, ma non l’avevano mai segnalato alla Provincia, Ente proprietario del plesso, affinché intervenisse.
Gli obblighi del dirigente scolastico
L’art 18, co. 3 statuisce che gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente Decreto Legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. I
n tale caso, gli obblighi previsti dal presente Decreto Legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.
Altresì, l’art. 33, afferente i compiti del servizio di prevenzione e protezione recita: 1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’articolo 35; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36.
Gli infortuni scolastici: quello che si provoca a se stessi e quello cagionato a terzi
Per inquadrare l’argomento occorre, inoltre, tenere in debito conto che i rischi afferenti la sicurezza scolastica sono amplificati anche dalla circostanza che le scuole sono ambienti ad alta densità di affollamento, che gli alunni sono spesso minorenni, se non infanti, e che le peculiari attività che si svolgono negli istituti scolastici prevedono sovente spostamenti nei corridoi, sulle scale, attività fisica in palestra e/o all’aperto, attività ricreative, intervallo, eccetera: tutto ciò incrementa senz’altro le possibilità che si verifichino i cosiddetti infortuni scolastici.
L’infortunio scolastico è una delle questioni più controverse in dottrina e giurisprudenza e sul punto occorre preliminarmente evidenziare che, in linea di massima, si suole sussumere gli infortuni in due categorie: quella degli infortuni che l’alunno provoca a se stesso, nella quale, a titolo esemplificativo, rientra anche il danno da caduta, quello riveniente da difetto di manutenzione dell’edificio scolastico eccetera, e la categoria dell‘infortunio cagionato a terzi, nella quale rientra, ad esempio, l’infortunio da spinta (ex multis Cass. S.U. 27.06.2002 n. 9346).
Secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, nel primo caso ricorre la responsabilità contrattuale della scuola di cui all’art. 1218 c.c. In vero, l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell’allievo determina l’instaurazione di un vincolo negoziale in virtù del quale sorge in capo all’Istituto anche l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che lo studente procuri danni a se stesso. Sicché, nelle controversie incardinate per conseguire il risarcimento del danno da autolesione, come detto, è applicabile il regime probatorio di cui all’art 1218 c.c. e, quindi, l’inversione dell’onere della prova. Ove invece ricorra l’ipotesi in cui l’alunno abbia cagionato un danno ad altri sarà di massima individuabile la responsabilità extracontrattuale da fatto illecito ex art. 2048 c.c.
La ricostruzione della Corte, che fonda la distinzione tra le due tipologie di responsabilità, viene individuata nella circostanza che nell’ipotesi di auto-danneggiamento manca il fatto illecito dell’allievo e la violazione del precetto di neminem ledere e, dunque, anche la possibilità di imputare all’insegnante la responsabilità per fatto altrui. Nell’ipotesi di autolesioni l’insegnante è invece responsabile per fatto proprio consistente nel non aver impedito la condotta violando l’obbligo di vigilanza.
Allorché, invece, un alunno subisca un danno ad opera di altro alunno nel mentre è affidato alle cure della struttura scolastica, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il titolo sarà di tipo contrattuale se la domanda viene fondata sull’inadempimento rispetto all’obbligo assunto di vigilare o di tenere o non tenere una determinata condotta, extracontrattuale se la domanda viene fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri. Quindi, lo stesso comportamento potrà generare sia una responsabilità per fatto illecito sia una responsabilità per inadempimento ed il danneggiato potrà scegliere sia di far valere una sola responsabilità sia di farle valere entrambe.
Le due tipologie di responsabilità differiscono sia in termini di prescrizione, cinque anni per quella contrattuale e dieci anni per quella extracontrattuale, sia per i danni risarcibili: solo quelli prevedibili nella responsabilità contrattuale, anche quelli imprevedibili nella responsabilità extracontrattuale.
L’onere probatorio
Riguardo il regime probatorio, è da evidenziare che in entrambi i casi il danneggiato dovrà provare il fatto lesivo e la circostanza che esso si sia verificato durante il periodo in cui l’alunno era affidato alla scuola, mentre il convenuto dovrà provare che l’evento è derivato da causa a lui non imputabile, nella responsabilità di tipo contrattuale, ovvero di non aver potuto impedire il fatto, in quella extracontrattuale.
Nel concreto è però da segnalare che, in entrambi i casi, la prova liberatoria del convenuto si sostanzia nella dimostrazione del caso fortuito, ossia della non prevedibilità e prevenibilità dell’evento con l’applicazione della dovuta diligenza.
Miur e istituto responsabili anche per infortuni occorsi durante le attività “aggiuntive”
E’ d’uopo evidenziare che la responsabilità per l’infortunio scolastico ricorre in capo al Miur, il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, e all’Istituto scolastico anche nell’ipotesi di attività aggiuntive promosse ed organizzate dalla scuola. Emblematica a tal proposito è la recente pronuncia del febbraio 2019 della Corte di Appello di Venezia che, confermando quanto statuito sul punto dal giudice di prime cure, ha condannato il Miur per l’infortunio occorso ad un alunno durante la lezione di un corso di difesa personale, riconoscendola come attività pericolosa e contestando l’omissione di controllo da parte dell’istituto.
E per carenze nelle ore di sostegno da garantire agli alunni diversamente abili
Appare ancora opportuno evidenziare, sebbene in via tangente, che la responsabilità dell’istituto scolastico e del MIUR non si esaurisca con l’obbligo di vigilare in senso stretto sulla sicurezza ed incolumità dello studente, ma ricorra anche nel caso in cui gli alunni vengano privati anche solo del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita normale. In merito è da richiamare la recente sentenza del 2 dicembre 2019 del TAR Campania-Napoli, Sez. IV, intervenuta sull’istanza, avanzata dai genitori di un alunno disabile, di condanna del Miur al risarcimento del danno non patrimoniale, ex art. 2059 c.c., da riconoscersi sotto forma di danno esistenziale e di danno all’immagine ed alla dignità della persona sia del minore sia dei genitori.
Con tale sentenza è stato, fra l’altro, riconosciuto ad un alunno disabile il risarcimento del danno per essergli state assegnate un numero di ore di sostegno inferiore rispetto a quelle necessarie in ragione della disabilità ed il Miur è stato condannato al risarcimento del danno non patrimoniale meglio identificato come danno dinamico relazionale per aver privato l’alunno della necessaria figura dell’insegnate di sostegno per un tempo tale da pregiudicare le finalità di inclusione e aiuto cui la figura dell’insegnante di sostegno deve attendere e il danno da sofferenza per i patemi d’animo da egli sopportati per essersi trovato privo dell’insegnante di sostegno in aula.
La breve analisi condotta evidenzia che, sebbene la materia della sicurezza scolastica sia ambito piuttosto articolato e sfaccettato, sia in ragione delle situazioni di rischio connesse alle peculiari attività che si volgono nelle scuole e all’età degli alunni che in ragione dello stato di degrado in cui si spesso si trovano gli edifici scolastici, il legislatore e la giurisprudenza hanno definito nel tempo in modo sempre più puntuale i diversi ambiti di responsabilità in materia consentendo una tutela maggiormente effettiva per i danneggiati.
AVV. FABIO AGRESTI
FORO DI BARI