Il danno da perdita di chance non coincide con il danno biologico
La richiesta di risarcimento dei danni da perdita di “chance” è diversa da quella per il danno biologico e come tale va proposta distintamente fin dal primo grado di giudizio, pena il suo respingimento, per quanto il danneggiato ne avesse pieno diritto.
E’ una sentenza di cui fare tesoro quella, la n. 2892/24, depositata il 31 gennaio 2024 con la quale la Cassazione ha per l’appunto riaffermato la differenza ontologica della perdita di chance rispetto al danno biologico, chiarendo che la domanda di risarcitoria del danno da perdita di chance subìto dal paziente, essendo autonoma e diversa dalla richiesta di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato, non può essere espletata per la prima volta nel giudizio di appello. E su questa base ha “dovuto” rigettare l’istanza di un uomo che pur era rimasto tetraplegico per malpractice medica.
Paziente cita con successo una casa di cura dov’era stato ricoverato uscendone menomato
La vicenda. Un paziente aveva citato in giudizio una casa di cura del Beneventano (e la sua compagnia di assicurazione, Generali), presso la quale nel 2004 era stato ricoverato per forti dolori al torace. Durante il ricovero però le sue condizioni si erano aggravate e ne era uscito con pesantissime conseguenze e menomazioni che egli ascriveva ad errori commessi dai sanitari che lo avevano avuto in cura.
Non riconosciuto però il danno da perdita di chance perché richiesto solo in appello
I giudici avevano accertato che il danneggiato era stato effettivamente vittima di un caso di malasanità ma con sentenza del 2020 la Corte d’appello di Napoli non gli aveva riconosciuto la liquidazione del danno da perdita di chance in quanto la relativa domanda era stata avanzata solo in secondo grado.
La Cassazione rigetta il ricorso spiegando che il pregiudizio è diverso dal danno biologico
Il paziente ha proposto quindi ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte, suo malgrado, ha confermato la decisone della sentenza impugnata, precisando che “il risarcimento del danno da perdita di chance non coincide con il risarcimento del danno biologico, né costituisce una semplice parte di esso, perché non ha ad oggetto né la limitazione funzionale dovuta all’errato intervento medico – a cui consegue un danno permanente alla salute – né la perdita del risultato sperato di una guarigione, ma consiste, per converso, nella perdita della possibilità di realizzare quel risultato, possibilità che, nella specie, si sarebbe potuto astrattamente ipotizzare lesa dalla negligente, passiva o superficiale condotta dei sanitari della prima struttura privata“.
La domanda va quindi proposta fin dal primo grado pena la sua inammissibilità
Gli Ermellini concludono quindi affermando che, in tema di lesione del diritto alla salute da responsabilità sanitaria, “la chance non è una mera aspettativa di fatto, bensì la concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato o un certo bene, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, onde la sua perdita configura un danno concreto ed attuale; ne consegue che la domanda risarcitoria del danno per la perdita di chance è, per l’oggetto, ontologicamente diversa dalla pretesa di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato, il quale si sostanzia nell’impossibilità di realizzarlo, caratterizzata da incertezza (non causale, ma) eventistica”. Confermata dunque la decisione della Corte d’appello che, come detto, aveva ritenuto nuova e, dunque, inammissibile, la domanda risarcitoria per perdita di “chance” avanzata per la prima volta in appello.