Incidente in stato di ebbrezza oltre 1,5 g/l: patente sempre revocata
Con una decisione molto attesa, la sentenza n. 194 depositata il 27 ottobre 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 186 comma 2-bis del Codice della Strada, laddove, nel prevedere il reato di guida in stato di ebbrezza, contempla anche la sanzione accessoria automatica della revoca della patente per l’ipotesi più grave, consistente nell’aver provocato un incidente stradale in ragione di uno stato di alterazione psico-fisica con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro: secondo la Consulta, tale misura sanzionatoria non è sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito commesso.
La Corte d’appello di Milano solleva questione di legittimità dell’art. 186 Codice della Strada
A sollevare la questione, con ordinanza del 14 luglio 2022, era stata la Corte d’appello di Milano secondo cui la norma in oggetto avrebbe contrastato con quanto prescritto dall’art. 3 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”), nonché con il principio di offensività come desunto dagli artt. 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, della Carta.
Sulla revoca automatica della patente per chi fa un incidente, anche lieve, in stato di ebbrezza
E questo perché, sussumendo in termini di omogeneità una vasta gamma di condotte diverse e graduabili sotto i profili dell’offensività e della colpevolezza, avrebbe configurato un impianto sanzionatorio sproporzionato e irragionevole nella parte in cui, con l’automatica comminatoria della revoca della patente di guida, anche nei casi di minore gravità, non consentirebbe al giudice di infliggere una sanzione amministrativa accessoria più tenue al responsabile del reato di cui all’art. 186, commi 2, lettera c), e 2-bis, cod. strada che non abbia cagionato danni a terzi.
I giudici meneghini avevano altresì rilevato come – soprattutto dopo che la sentenza della stessa Corte Costituzionale n. 88 del 2019 aveva fatto venir meno l’obbligatorietà della revoca della patente per il condannato ai sensi degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., purché non in stato di ubriachezza – la previsione della necessaria revoca del titolo per il conducente in stato di ebbrezza che non avesse arrecato lesioni o danni di altro genere sarebbe priva di idonea giustificazione.
Il quadro normativo
Ma per la Corte Costituzionale la questione sollevata non è fondata. La Consulta ricorda innanzitutto il quadro normativo di riferimento. Com’è noto, l’art. 186 cod. strada, nel testo vigente, sancisce, al comma 1, il divieto di guidare in stato di ebbrezza. E lo fa individuando, al comma 2, tre distinti illeciti: uno di carattere amministrativo e, gli altri due, di carattere penale contravvenzionale, ordinati per gravità crescente in misura proporzionale all’aumento del valore del tasso alcolemico accertato.
In particolare, la condotta, ove non costituisca più grave reato, è punita:
a) con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 g/l; all’accertamento di tale violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi.
b) con l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 g/l; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno.
c) con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni, nonché la confisca del veicolo, salvo che questo appartenga a terzi.
La Consulta evidenzia la “progressione sanzionatoria” in base alla misura del tasso alcolemico
“La progressione sanzionatoria che ne risulta – spiega la Corte Costituzionale – mostra quindi una piena graduazione anche con riferimento alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida (che, da un minimo di tre mesi per i fatti lievi, può arrivare fino a due anni per le condotte più gravi in ragione della misura del tasso alcolemico)”.
Nella disposizione, dopo il comma 2, è stato poi inserito il comma 2-bis dall’art. 5, comma 1, lettera a), del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, nella legge 2 ottobre 2007, n. 160 e, successivamente, sostituito dall’art. 4, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 125, ed infine modificato, con l’aggiunta della parte sottoposta allo scrutinio di legittimità costituzionale, dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2010, a decorrere dal 30 luglio 2010, ai sensi di quanto disposto dal comma 4 del medesimo art. 33.
La circostanza aggravante di aver provocato un sinistro, sanzioni raddoppiate
Con tale comma 2-bis è stata introdotta, da ultimo a decorrere dal 30 luglio 2010, una circostanza aggravante per l’ipotesi in cui il conducente in stato di alterazione alcolica determini un incidente stradale, sicché la progressione sanzionatoria del comma 2 risulta inasprita. In via generale, è previsto il raddoppio delle sanzioni, indistintamente amministrative, penali o accessorie, di cui ai commi 2 dell’art. 186 e 3 dell’art. 186-bis (norma che già aggrava la sanzione per la fattispecie autonoma della guida sotto l’influenza dell’alcol per conducenti di età inferiore a ventuno anni e per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose), nonché il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea all’illecito.
Per l’ipotesi ulteriormente aggravata dall’accertamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l per chi alla guida provochi un incidente stradale, il medesimo comma 2-bis, nel suo secondo periodo, statuisce che “la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI”, fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 dello stesso articolo in tema di confisca e sequestro del veicolo, nonché l’applicazione dell’art. 222 dello stesso decreto”.
“In tale modo è riprodotta, in simmetria, la stessa progressione sanzionatoria del comma 2 della medesima disposizione. Dunque, la sanzione amministrativa accessoria va dalla sospensione della patente di guida per una durata minima di sei mesi per fatti lievi fino alla revoca della patente per le condotte più gravi in ragione sempre della misura del tasso alcolemico e con il concorso della circostanza aggravante di aver provocato un incidente” prosegue la Consulta.
Essa fa notare anche che, a completamento del regime sanzionatorio, rileva l’art. 219 cod. strada che disciplina la revoca della patente di guida, il cui comma 3-ter prevede che, quando la revoca è disposta a seguito delle violazioni di cui all’art. 186 dello stesso decreto, non è possibile conseguirne una nuova prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato, fatto salvo quanto stabilito dai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 222, che prevedono aumenti del periodo di interdizione, tra un minimo di cinque sino ad un massimo di venti anni, nel caso in cui la sanzione consegua ai reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. Termine ulteriormente aumentato sino a trent’anni nel caso in cui il conducente si sia dato alla fuga.
Si tratta di un reato di pericolo, una condotta che mette a rischio l’incolumità delle persone
“Può aggiungersi – conclude questa fase introduttiva della sentenza – che la guida in stato di ebbrezza va ricondotta alla categoria dei reati di pericolo presunto (vedi anche sentenza n. 211 del 2022), ove l’ambito di rilevanza penale del fatto, e così la gravità dell’offesa, è delimitato dal superamento quantitativo di valori soglia del tasso alcolemico; la pericolosità è tratteggiata dal legislatore individuando comportamenti che, alla stregua di informazioni scientifiche o del notorio di comune fonte esperienziale desumibile dai dati statistici della incidentalità stradale, si contraddistinguono per una spiccata attitudine a turbare la regolarità della circolazione stradale mettendo in pericolo la vita, l’incolumità e i beni delle persone coinvolte.
Alla luce del quadro normativo descritto, “la fattispecie di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 cod. strada si declina secondo una precisa ed articolata graduazione che accomuna pena principale e sanzione accessoria in una scala di gravità progressivamente maggiore – entrano quindi nel vivo i giudici -. In tal modo, l’impianto sanzionatorio, che punisce la guida in stato di ebbrezza, prevede diversi “gradi di intensità” della violazione, ai quali corrispondono differenti livelli di sanzioni in progressione crescente finalizzati alla prevenzione e repressione di comportamenti pericolosi per gli utenti della strada”.
“Il divario tra le varie misure – detentive, pecuniarie e accessorie – è correlato all’incremento della pericolosità della condotta, graduata sulla base del livello del tasso alcolemico. In particolare, la sanzione amministrativa accessoria è determinata in un intervallo che va dalla sospensione della patente di guida per tre mesi, per le condotte meno gravi, fino alla revoca della patente, per la condotta più grave. Tale è la guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ove la condotta sia aggravata per aver il conducente provocato un incidente. Tale circostanza aggravante, che mostra che il superamento della soglia di 1,5 g/l di tasso alcolemico è stato tale, in concreto, da aver compromesso il controllo dell’autovettura, individua e sanziona una condotta particolarmente pericolosa, quale che sia l’entità dell’incidente, e rende non irragionevole che, anche a fini di deterrenza per la salvaguardia della sicurezza pubblica nella circolazione stradale, sia collocata in cima alla scala delle condotte sanzionate in misura progressivamente più elevata”.
A fronte della condotta particolarmente grave poco rileva che il sinistro causato sia lieve
La Consulta ammette che, come obiettava la Corte d’Appello di Milano, l’imputato potrebbe anche aver provocato, in concreto, un incidente di modesta portata, come nel caso che si era trovata a giudicare. “Ma ciò non esclude – asserisce la sentenza -, secondo una valutazione non irragionevole del legislatore, che tale condotta si collochi comunque al livello più elevato della descritta graduazione. La modestia delle conseguenze dell’incidente non smentisce la gravità della condotta di chi si mette alla guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore all’1,5 g/l in una condizione tale da non aver il pieno controllo del veicolo condotto, come mostra ex post l’incidente provocato a causa di tale alterata condizione psico-fisica.
Si tratta di un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, tenuto in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali. La previsione di una severa misura amministrativa di natura preventiva tende alla protezione di beni giuridici primari ed è giustificata dalla condizione di temporanea inaffidabilità alla guida, alla quale si è posto consapevolmente il soggetto condannato, e dalla maggiore pericolosità del comportamento censurato rispetto alle ipotesi non parimenti aggravate”.
Non vi è alcun automatismo sanzionatorio indifferenziato
Tenuto conto che la “ratio” dell’aggravante “è da ricercarsi nella volontà del legislatore di punire più gravemente qualsiasi turbativa delle corrette condizioni di guida, in quanto ritenuta potenzialmente idonea a porre in pericolo l’incolumità personale dei soggetti e dei beni coinvolti nella circolazione a causa della strutturale pericolosità connessa alla circolazione dei veicoli che richiedono una particolare abilitazione alla guida, la scelta di non distinguere, ai fini dell’operatività della revoca, in funzione della gravità dell’incidente corrisponde a un criterio di prevenzione generale non irragionevole nei confronti di colui il quale, con un tasso alcolemico superiore al livello soglia dell’1,5 g/l, guidi in un evidente stato di alterazione e di compromissione delle sue condizioni fisiche e psichiche” sostiene la Corte Costituzionale.
Che pertanto conclude affermando che non vi è alcun “indifferenziato automatismo sanzionatorio, che costituisce possibile indice di disparità di trattamento e irragionevolezza intrinseca”.
La revoca della patente non è dunque misura sproporzionata rispetto alla gravità dell’illecito
In conclusione, “la sanzione accessoria della revoca della patente per la fattispecie di reato della guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, aggravata dall’aver provocato un incidente in ragione di tale stato di alterazione psico-fisica, costituisce misura non sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito sanzionato dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, nell’ambito di una previsione normativa che nel suo complesso, contemplando anche condotte meno gravi sanzionate in modo meno afflittivo, è sufficientemente graduata”.
Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 13, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Milano, sezione prima penale, sono state pertanto dichiarate inammissibili e quanto previsto dalla norma pienamente confermato.