Responsabilità incidente stradale per abbagliamento del sole
La Corte d Cassazione, quarta sezione penale, con la sentenza n. 4155/23 depositata il primo febbraio 2023, lo ha ribadito ancora una volta: il responsabile di un incidente stradale non può addurre a propria discolpa l’abbagliamento del sole, che non rientra nel cosiddetto “caso fortuito”.
Laddove i raggi solari rappresentino un impedimento alla guida, bisogna procedere a passo d’uomo se non proprio fermarsi.
Conducente di un autocarro condannato per lesioni stradali gravi
Il conducente di un autocarro era stato condannato sia in primo grado, dal Tribunale di Sondrio, sia in secondo, nel 2021, dalla Corte d’appello di Milano, per il reato di lesioni stradali gravi causate alla passeggera che trasportava in seguito al rovinoso tamponamento di un autobus che si trovava parcheggiato sul lato destro della carreggiata e di cui era stato ferito anche il conducente. All’imputato si contestava, in violazione dell’art. 141, comma 3, cod. strada, di aver omesso la dovuta attenzione e di non aver regolato adeguatamente la velocità del suo veicolo in relazione alle circostanze di luogo – un centro urbano fiancheggiato da edifici, con presenza di attraversamenti pedonali – e di tempo, con particolare riferimento alla visibilità ridotta per l’abbagliamento del sole
L’imputato ricorre per Cassazione adducendo l’abbagliamento del sole
L’uomo però, attraverso il suo legale, ha proposto ricorso anche per Cassazione, tornando ad evidenziare come il sinistro si fosse verificato, secondo la tesi difensiva, oltre che per la condotta imprudente del conducente del veicolo tamponato, per l’improvviso accecamento subito dal ricorrente alla guida dell’autocarro.
I giudici di merito avevano ritenuto, come detto, che l’imputato non avesse adeguato la velocità allo stato dei luoghi e alle condizioni atmosferiche e che non si fosse accorto dell’ostacolo sulla sua traiettoria, essendo stato abbagliato dal sole, ravvisando in tal modo la violazione dell’art. 590-bis del codice penale (lesioni personali stradali gravi).
Secondo il suo legale, invece, i giudici avrebbero dovuto, riqualificare il fatto ai sensi (solo) dell’art. 590 cod. pen., individuando nella condotta del ricorrente una colpa generica e non specifica, dal momento che l’incidente si era verificato per un’errata percezione di ciò che rientrava nel campo visivo del conducente a causa del sole abbagliante, in assenza di violazioni riguardanti il limite di velocità.
Sviluppando ulteriormente il suo ragionamento, l’avvocato del conducente condannato si è soffermato sull’art. 140 cod. strada evidenziando come questo si limiti a prescrivere un generale dovere di diligenza e prudenza e asserendo quindi che la sua formulazione porterebbe a ritenere che il suo “comando” non possa ritenersi specifico.
Quindi, è passato all’art. 141 il cui secondo comma, com’è noto, impone al conducente di conservare sempre il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. Una norma che, secondo il legale del ricorrente, terrebbe appositamente conto dei tempi umani di reazione che in media la biomeccanica forense avrebbe individuato in un secondo tra la percezione dell’evento e l’attuazione da parte del conducente delle manovre necessarie ad arrestare il veicolo.
Dunque, secondo la tesi prospettata nel ricorso, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare la velocità a cui viaggiava l’imputato ed il tempo di reazione, e laddove un conducente viaggi, come nello specifico, a una velocità inferiore al limite stabilito, gli andrebbe addebitata solo una colpa generica e non specifica. La pretesa sussunzione del fatto ascritto all’imputato sotto la fattispecie di cui al “mero” art. 590 cod. pen. non era casuale, perché a ciò sarebbe conseguita la necessità da parte dei giudici di merito di emettere pronuncia di non doversi procedere per difetto della condizione di procedibilità della querela, nel senso che, com’è noto, in questo caso si procede per querela di parte e non d’ufficio, a meno che non si tratti, ma non era questo il caso, di fatti commessi con violazione di norme in materia di lavoro. E la trasportata nell’autocarro non avrebbe di certo querelato il conducente, che era anche suo marito, come peraltro manifestato con dichiarazione allegata al ricorso.
Ma per la Suprema Corte le doglianze sono totalmente infondate. “Con argomentare confuso la difesa sovrappone la fattispecie contestata di cui all’art. 590-bis cod. pen., alla fattispecie di cui all’art. 590 cod. pen.” premettono innanzitutto gli Ermellini, ricordando che la legge del 23 marzo 2016, n. 41, ha introdotto nell’ordinamento il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, la cui disciplina trova spazio nel nuovo art. 590-bis cod. pen., in cui è previsto, al comma primo, che, testuali parole, “chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”.
L’art. 590-bis ha natura autonoma rispetto al 590 ed è procedibile d’ufficio
La Cassazione rammenta anche come da tempo la giurisprudenza di legittimità abbia affermato la “natura autonoma” della fattispecie in questione rispetto alla previsione di cui all’art. 590 cod. pen. e come sia “procedibile d’ufficio: solo con l’entrata in vigore della riforma prevista dal d.lgs 150/22, sarà procedibile a querela”.
Non trova pertanto applicazione, come vorrebbe la difesa del ricorrente, “proprio in base all’autonomia della norma in questione”, la previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art.590 cod. pen., in base alla quale il reato di lesioni colpose è procedibile a querela dell’offeso ad eccezione di quello commesso con violazione delle norme antinfortunistiche. I giudici del Palazzaccio, per completezza argomentativa, ricordano anche come la Corte Costituzionale, con sentenza n. 248/2020, abbia dichiarato “infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis cod. pen. in relazione all’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela di parte delle lesioni colpose stradali non aggravate dalle ipotesi di cui al comma 2 del medesimo articolo”.
Violate una norme specifica stradale, il fenomeno dell’abbagliamento non rientra nel fortuito
La Suprema Corte afferma come al contrario il fatto in questione, com ricostruito da entrambe le sentenze di merito, sia stato correttamente sussunto sotto la fattispecie di cui all’art. 590-bis cod. pen. “L’imputato – viene al dunque la Cassazione -, nel condurre il suo autocarro, rimasto abbagliato dal sole, andò a collidere contro un autobus parcheggiato sul lato destro della carreggiata”. E la giurisprudenza della Suprema Corte, aggiungono gli Ermellini, ha più volte ribadito che, “in caso di abbagliamento, il conducente del veicolo deve moderare la velocità ed anche arrestare la marcia fino a quando la condizione impeditiva sussista”. Di più, i giudici del Palazzaccio ripetono che, come più volte precisato dalla Cassazione, “il fenomeno dell’abbagliamento dai raggi solari non rientra nelle ipotesi di caso fortuito per le quali è ipotizzabile un esonero di responsabilità del soggetto agente, trattandosi di un fenomeno naturale, la cui insorgenza è del tutto prevedibile in determinate circostanze”.
In questi casi bisogna procedere a passo d’uomo o fermarsi
Correttamente, pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto che il ricorrente abbia violato il disposto di cui all’art. 141 cod. strada: “l’imputato, proprio in ragione della presenza di luce abbagliante, avrebbe dovuto procedere a passo d’uomo per essere in grado di arrestare tempestivamente la marcia in presenza di prevedibili ostacoli”.
Infine, precisa la Cassazione, non è sostenibile “la prospettata assenza della violazione di norme specifiche in relazione alla condotta di guida del ricorrente. L’art. 141 cod. strada, sebbene definita quale norma “elastica”, contiene precise indicazioni sui comportamenti da adottarsi nella circolazione stradale; la sua violazione, pertanto, integra un’ipotesi di colpa specifica”.
Con un ultima sottolineatura circa l’art. 2, comma 1, lett. c) d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 che ha previsto la punibilità a querela della persona offesa (anche) della fattispecie di cui all’art. 590-bis cod. pen. laddove non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dal medesimo articolo. “Il decreto – conclude la Suprema Corte – ha visto la propria vacatio legis esaurirsi in data primo novembre 2022, tuttavia, prima della scadenza di tale termine, è stato emanato il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 che, all’art. 6, ha introdotto, nel corpo del d. Igs. n. 150 del 2022, l’art. 99-bis, in forza del quale lo stesso decreto legislativo entrerà in vigore il 30 dicembre 2022. Pertanto, alla data della deliberazione della presente sentenza, le disposizioni del d.lgs. n. 150 del 2022 non sono entrate in vigore”. Ne deriva quindi la non applicabilità al caso in esame della previsione della procedibilità a querela del reato, di qui il rigetto anche dell’istanza di rinvio della decisione che aveva formulato la difesa proprio in vista della nuova normativa, “traducendosi, in sostanza, nella richiesta di disapplicazione della normativa vigente”. Dunque, ricorso respinto e conducente definitivamente condannato.