Il Covid è indennizzabile dalla polizza infortuni

Si può essere indennizzati per le lesioni o per la morte di un familiare dovuta al Covid-19 attraverso la polizza infortuni stipulata con una compagnia assicurativa?

Assolutamente sì secondo il Tribunale di Torino la cui quarta sezione civile, con una sentenza “controcorrente”, depositata il 19 gennaio 2022, e che ha fatto molto parlare, ha valutato come degna di pieno accoglimento la domanda presentata in tal senso dai familiari di un uomo deceduto a causa del virus, ritenendolo una causa esterna, violenta e fortuita e come tale indennizzabile da contratto.

 

La moglie di una vittima del Covid cita l’assicurazione che non liquida la polizza infortuni

A citare in causa la compagnia assicurativa con la quale il marito aveva appunto stipulato una polizza infortuni la moglie, anche per conto del loro figlio minore, di un appena quarantanovenne dentista torinese deceduto all’ospedale delle Molinette di Torino il 24 marzo 2020, dopo una dura e inutile battaglia contro il male durata circa venti giorni e di cui nella sentenza vengono ripercorse tutte le tappe.

La donna aveva chiesto invano – facendo tutto quanto necessario e possibile per ottenere il pagamento delle somme in via stragiudiziale, a partire dalla denuncia di sinistro – di ottenere l’indennizzo previsto dalla polizza infortuni Per te” che la vittima aveva sottoscritto fin dal 2019 con un’assicurazione, che aveva regolarmente rinnovato e che era quindi attiva. Secondo le previsioni di polizza, per il caso di morte era assicurata la somma di centomila euro.

Il Tribunale si sofferma quindi sulle condizioni generali di contratto che valeva “per gli infortuni che l’assicurato subisca nello svolgimento delle attività dichiarate nella scheda di polizza e di ogni altra attività che non abbia carattere professionale. È considerato infortunio l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza la morte, una invalidità permanente oppure una inabilità temporanea”.

La garanzia comprendeva anche l’asfissia non di origine morbosa; gli avvelenamenti acuti da ingestione o da assorbimento di sostanze; l’annegamento; l’assideramento o il congelamento; la folgorazione; i colpi di sole o di calore; i morsi di animale o le affezioni ad essi conseguenti, le punture di insetti o aracnidi, esclusa la malaria, le malattie tropicali e quelle di cui gli insetti siano portatori sani; gli infortuni derivanti da imperizia, imprudenza o negligenza anche gravi; gli infortuni subiti a causa di malore o alterazione di coscienza; le lesioni muscolari determinate da sforzi, quali stiramenti e strappi, le lesioni tendinee di cui all’art. 42, la rottura del tendine d’Achille e le ernie traumatiche .

Per la compagnia il Covid non rientrava nella definizione contrattualmente risarcibile

Secondo la compagnia assicurativa, tuttavia, il sinistro così come denunciato non rientrava nella definizione contrattualmente risarcibile ex art. 12 CGA. L’impresa aveva chiesto comunque alla moglie, per verifiche, di inoltrare la cartella clinica completa, cosa che la moglie della vittima ha  puntualmente fatto, ma anche dopo il vaglio dell’ulteriore documentazione l’assicurazione aveva confermato la sua posizione negativa, ribadendo, in modo peraltro assai laconico, la non indennizzabilità del sinistro denunciato.

La vedova aveva invitato la controparte anche alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita a cui tuttavia la compagnia non aveva aderito, rendendo a questo punto inevitabile la citazione in causa per vedere affermate le proprie domande risarcitorie che, come detto, per i giudici torinesi meritano pieno accoglimento.

 

Per i giudici la Sars-Cov-2 rientra tra gli eventi dovuti a causa fortuita, violenta ed esterna

Assodato in modo incontrovertibile che la vittima era deceduta in conseguenza di una “comprovata condizione di insufficienza respiratoria da SARS-CoV-2”, i giudici arrivano al quesito centrale della questione, se cioè “questa situazione sia indennizzabile ai sensi delle Condizioni Generali di Assicurazione Infortuni“, ove, come già detto, era stabilito che “è considerato infortunio l’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili, le quali abbiano per conseguenza la morte, una invalidità permanente oppure una inabilità temporanea“.

In altre parole, l’infezione da SARS-CoV-2 è da considerarsi evento inquadrabile quale infortunio tecnicamente risarcibile? Anche considerando le conseguenze spesso distruttive del virus, il Tribunale condivide in pieno le conclusioni del Consulente tecnico d’ufficio nominato al riguardo. Se, come da contratto e come di regola, viene considerato infortunio “un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna in grado di determinare constatabili lesioni che possono determinare come conseguenza anche la morte”, non vi è dubbio che il Covid risponda in pieno a tali requisiti.

L’infezione da SARS-CoV-2 risulta quale condizione determinata, innanzi tutto, da causa fortuita, posto che trattasi di atto assolutamente non volontario si spiega nella sentenza – Si potrebbe qui anche aggiungere che il carattere fortuito della causa è evidenziato dal fatto di essere del tutto estranea ad un’attività consapevole del soggetto infettato, che si è venuto a trovare in sifatta condizione senza sapere in modo alcuno di cosa si trattasse e senza neppure avere la più pallida idea di possibili comportamenti idonei a prevenire l’infezione”. I giudici infatti evidenziano anche la data in cui l’infezione aveva avuto luogo, agli albori della pandemia, “in un momento in cui l’Italia cominciava appena ad “aprire gli occhi”, sbigottita, sull’esistenza di un’epidemia che, in quel momento, si riteneva confinata alla Cina”: solo l’11 marzo 2020, come noto, l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva proclamato il Covid-19 come “pandemia”.

Ma la causa, secondo i giudici, può considerarsi anche “violenta”, in quanto “certamente, come rimarcato dal Ctu, il contatto non è dilatato nel tempo”, e soprattutto, “determina uno stravolgimento violento delle regole naturali della vita di un organismo che si trovi in situazione normale. Così come “violenta” sarebbe, ad esempio, la ferita provocata dalla caduta di un mattone sulla testa di una persona, allo stesso modo ben può dirsi violenta l’infezione di cui qui si discute, con un’alterazione dello stato normale di intere parti dell’organismo (in particolare dell’apparato respiratorio), al punto da causare gravissime sofferenze e, alla fine, addirittura la morte del soggetto interessato”.

Infine, la causa è anche sicuramente “esterna”, “proprio perché il virus è un organismo estraneo al corpo umano e che nello stesso viene ad inserirsi proprio quale elemento proveniente dall’esterno: non per nulla il primo e più rudimentale rimedio contro siffatta infezione è costituito dalla mascherina, che serve proprio ad evitare il contatto con siffatta causa “esterna“. Al riguardo, i giudici sottolineano anche come nel contratto di assicurazione non fossero escluse le infezioni virali – così come quelle batteriche, micotiche o parassitarie – e che non erano documentate nel soggetto in questione “preesistenti situazioni in grado di facilitare l’insorgenza dell’infezione da SARS-CoV-2, così come la sua sfavorevole evoluzione”.

 

In assenza di specifiche esclusioni contrattuali, il Covid va dunque indennizzato

In definitiva, “in assenza di specifica esclusione contrattuale, l‘infezione da SARS-CoV-2 soddisfa la definizione di infortunio contemplata nell’art.12 delle prodotte “Condizioni Generali” del contratto di assicurazione” asserisce con forza il Tribunale torinese, aggiungendo un ulteriore elemento a supporto di questa conclusione, ossia il disposto dell’art. 1370 del coccide civile, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità. I giudici infatti citano un fondamentale principio dettato dalla Cassazione, secondo cui “le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo”.

Con un ultima “strigliata” dei giudici, anche qui in linea con le “pertinentissime osservazioni autorevolmente svolte dal Ctu”, nei confronti dei “puntuti rilievi” sollevati dal consulente tecnico della compagnia assicurativa, in merito alla “bizantina distinzione che si vorrebbe porre tra “infortunio” e “malattia”, quasi che il contrarre una malattia non costituisse un infortunio.  Giustamente, rileva qui il consulente tecnico d’ufficio, che nel contesto di una Polizza Infortuni vige tuttora l’equiparazione tecnica medico-legale di “causa virulenta” con “causa violenta” e che l’argomento oggetto di valutazione è se un’infezione acutamente contratta – virulenta come quella da SARS-CoV-2 – rientri negli eventi indennizzabili nella consapevolezza che l’indennizzabilità deriva dalla combinata interazione del “fatto” e della “conseguenza”, qualora ovviamente quest’ultima soggiaccia alla regola causale diretta ed esclusiva”.

E quanto all’affermazione del Ct, “non credo che nessuno dubiti che in Italia vi sia un solo collega che abbia mai immaginato di indennizzare in Infortunistica privata una polmonite qualificandola quale infortunio e non, piuttosto, malattia”, i giudici riportano quanto affermato dal Presidente della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni nell’articolo “SARS-CoV-2 ed infortunio nell’assicurazione privata: annotazioni medico legali“: “Risulta inequivocabile che la dottrina medico legale abbia costantemente considerato un’infezione virale o batterica, sulla cui trasmissione vi sia nozione delle modalità di contagio anche ambientale, ovvero non mediato da energie meccanica, un infortunio a tutti gli effetti, dotato delle caratteristiche della accidentalità, della violenza e dell’esteriorità causali”. E ancora: ”Non vi è dubbio che un momento infettante, nella massima parte dei casi, per quanto fondato su evidenze scientifiche, rappresenti un preciso e ben circostanziato evento violento, fortuito ed esterno (…) In considerazione di tali premesse e di un’articolata e costante dottrina medico legale nonché dei suoi sviluppi, deve affermarsi che, ontologicamente, anche nell’ambito della polizza privata contro gli infortuni, prescindendo da qualsiasi condizione o clausola speciale ovvero diversa specificazione contrattuale nonché dalla valutazione medico legale dell’indennizzabilità e della quantificazione delle sue conseguenze, l’evento infettante in sé costituisca, ad ogni effetto, infortunio ai sensi della più diffusa definizione contrattuale dello stesso“.

Di qui dunque la condanna dell’assicurazione a pagare a favore della moglie e del figlio del dentista deceduto a causa del Covid-19 la somma di centomila euro, come da contratto, maggiorata di rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo e di interessi legali, con la medesima decorrenza, sulla somma annualmente rivalutata, oltre a tutte le spese di causa.

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