Non è incostituzionale la procedibilità d’ufficio in tutti i casi di lesioni gravi per violazione colposa delle norme del Cds

Resta la procedibilità d’ufficio per le lesioni gravi o gravissime causate dalla violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale. Benché le condotte che integrano questo reato siano caratterizzare da un minor disvalore rispetto a quelle connotate dalla consapevole se non temeraria assunzione di rischi irragionevoli, perseguire anche le prime d’ufficio non è “manifestamente irragionevole”.   Lo ha ribadito la Corte Costituzionale (in foto), con la rilevante ordinanza n. 244 pubblicata il 17 dicembre 2021.

Il Tribunale di Lecce ripropone la questione di legittimità sulla procedibilità d’ufficio

La pronuncia trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, comma 1, c.p., come sostituito dall’art 1, comma 2, l. n. 41/2016 (che ha introdotto i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al d.lgs. n, 285/1992 e al d.lgs. n. 274/2000) e del d. lgs. 36/2018 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della l. n. 103/2017), nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi o gravissime per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell’evento.

A sollevarla, il Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, nell’ambito di un procedimento penale per l’appunto per lesioni stradali gravi, con ordinanza del 10 dicembre 2019. L’imputato era accusato di aver investito, alla guida di un’auto, un uomo che procedeva in bicicletta causandogli lesioni gravi consistite in un’emorragia subaracnoidea senza perdita di conoscenza, con pericolo di vita. Il giudice reputava ovviamente sussistente la responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestatogli, cosicché un esito del processo diverso dalla condanna sarebbe stato prospettabile solo laddove il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma del codice penale fosse procedibile a querela: nel caso di specie, infatti, essa non era stata presentata dalla persona offesa, integralmente risarcita dei danni subiti attraverso l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile.

Secondo il giudice rimettente, la disciplina censurata sarebbe irragionevole, sotto il duplice profilo della carenza di proporzionalità tra mezzi scelti e finalità perseguite e del mancato rispetto del canone di coerenza sistematica dell’ordinamento, in quanto essa prevede la procedibilità d’ufficio anche in relazione alle lesioni stradali gravi nei casi in cui l’autore del fatto abbia integralmente risarcito la vittima e questa abbia scelto di non proporre querela.

In discussione la necessità di un processo per condotte prive di particolare allarme sociale

Essendo la circolazione stradale un’attività lecita, per compiere la quale è obbligatoria la sottoscrizione di una polizza assicurativa, ad avviso del rimettente, sarebbe eccessivo e irragionevole, oltre che contrario alla concreta offensività del fatto (art. 13, comma 2, Cost.) ed alla finalità rieducativa della pena (art. 27, comma 3 Cost.) prevedere, a fronte di condotte non connotate da particolare allarme sociale e caratterizzate dalla generica violazione di norme in materia di circolazione stradale, l’indefettibile celebrazione del processo penale, anche in assenza di istanza punitiva della persona offesa che sia stata integralmente risarcita dei danni patiti.

La previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio sia per le lesioni stradali gravi ex art. 590-bis, comma 1, c.p., cui sia seguito il risarcimento del danno in favore della persona offesa, sia per le ipotesi aggravate di cui ai commi successivi della medesima disposizione, realizzerebbe, quindi, un trattamento omogeneo di situazioni differenti, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, equiparando indebitamente l’automobilista cosiddetto “modello”, che abbia sempre rispettato tutte le prescrizioni all’uopo richieste dalla legge, e colui il quale circoli ignorando le norme del codice della strada o, in particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa.

La normativa

La fattispecie criminosa delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, procedibile d’ufficio, com’è noto, è stata introdotta dalla l. n. 41/2016. Successivamente, la l. n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) ha delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, oppure ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 c. p.

Nell’esercitare la delega con l’adozione del d. lgs. n. 36/2018 però il Governo ha omesso di annoverare tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità quella di cui al primo comma dell’art. 590-bis c.p., pur punita con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni.

La Consulta ritiene le doglianze infondate, come in una precedente pronuncia

Chiamata a pronunciarsi sulle questioni prospettante dal rimettente, che miravano, in sostanza, ad estendere alla fattispecie base di lesioni stradali il regime di punibilità a querela della persona offesa, la Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto che le stesse siano manifestamente infondate, essendo in larga parte analoghe a quelle già riconosciute non fondate dalla sentenza n. 248/2020.

In quell’occasione il giudice delle leggi, pur riconoscendo che le condotte indicate al primo comma dell’art. 590-bis c.p. sono connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa rispetto a quelle contemplate dai commi successivi della citata disposizione, ha ritenuto che la procedibilità d’ufficio, anche per le prime, non sia manifestamente irragionevole e, pertanto, lesiva dell’art. 3 della Costituzione. Infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, non può considerarsi “automobilista modello” a parete della Corte chi abbia violato, sia pure occasionalmente, le norme attinenti alla circolazione stradale, provocando – in conseguenza di tale violazione – lesioni personali gravi o gravissime a carico di terzi, sicché neppure sotto tale profilo la previsione della procedibilità d’ufficio potrebbe essere ritenuta manifestamente irragionevole, così come non lo è – ancor prima – la scelta legislativa di conferire rilevanza penale a una simile condotta.

Non irragionevole la procedibilità d’ufficio anche per le lesioni stradali gravi senza aggravanti

Per le stesse ragioni non può considerarsi manifestante irragionevole e, pertanto, contraria all’art. 3 la scelta compiuta dal legislatore con il d.lgs n. 36/2018 di confermare la procedibilità d’ufficio del delitto di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., già prevista dalla legge n. 41/2016.

Secondo la Consulta, analogamente, risultano manifestamente infondate le doglianze, ancora formulate in riferimento all’art. 3 della Costituzione, ma in realtà attinenti al rapporto tra le scelte del legislatore delegato e quelle del legislatore delegante, relative alla mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p., per contrasto con la ratio complessiva della l. n. 103/2017.

Anche a prescindere dall’incongruità del parametro evocato rispetto alla sostanza della doglianza prospettata, infatti, la Corte Costituzionale aveva già ritenuto – con riferimento all’allora denunciata violazione dell’art. 76. Cost. – che, nell’escludere la procedibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p., il Governo avesse adottato un’interpretazione non “implausibile” – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall’art. 1, comma 16, lett. a), n. 1), della l. n. 103/2017 (Corte Cost. n. 223/2019): il Governo, quindi, non ha travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, rispettando la ratio di quest’ultima e le esigenze sistematiche proprie della materia penale, tanto più che, nel caso di specie, si era al cospetto di una delega “ampia” o “vaga”.

Il regime di procedibilità non è incostituzionale, ma andrebbe rivisto

Da ultimo, risultano manifestamente infondate per la Consulta anche le doglianze formulate in riferimento agli artt. 13 co. 2, e 27 co. 3 della Costituzione, per le quali manca qualsiasi autonoma motivazione rispetto ai profili di censura attinenti all’allegata violazione dell’art. 3.

Ciò nonostante, la pronuncia rinnova l’auspicio che il legislatore rimediti sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis c.p., come aveva già fatto nella pronuncia n. 223/2019 e n. 248/2020.

Come detto, le violazioni di cui al primo comma sono connotate da un disvalore inferiore a quello proprio delle assai più gravi ipotesi di colpa cui si riferiscono i commi successivi dell’art. 590-bis c.p., le quali sono caratterizzate in gran parte dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli: ad esempio, da parte di chi si ponga alla guida di un veicolo avendo assunto sostanze stupefacenti o significative quantità di alcool, ovvero superi del doppio la velocità massima consentita, circoli contromano o, ancora, inverta il senso di marcia in prossimità di una curva o di un dosso.

Inoltre, conclude la Consulta, potrebbe discutersi dell’opportunità dell’indefettibile celebrazione del processo penale a prescindere dalla volontà della persona offesa, specie laddove a quest’ultima sia stato assicurato l’integrale risarcimento del danno subito; e ciò anche a fronte dell’esigenza – di grande rilievo per la complessiva efficienza della giustizia penale – di non sovraccaricare quest’ultima dell’onere di celebrare processi penali non funzionali alle istanze di tutela della vittima.

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