I doveri del medico legale come Ctu nei casi di malasanità
Un medico legale nominato come consulente tecnico d’ufficio nell’ambito di un procedimento per responsabilità professionale è tenuto ad associarsi ad un collega che sia competente nella disciplina coinvolta nel caso di presunta malpractice in questione. Con la sentenza n. 1600/21 depositata il 26 gennaio 2021 la Corte di Cassazione è entrata nel merito dei doveri della fondamentale figura del Ctu.
Un cardiologo viene indagato per lesioni colpose gravi
A rivolgersi alla Suprema Corte sono stati tre medici chiamati a redigere una perizia da un Pubblico Ministero della Procura di Roma che aveva indagato un cardiologo accusato di aver causato lesioni colpose gravissime ad una paziente. Secondo i tre Ctu, era ravvisabile in capo al dottore imprudenza ed imperizia per avere refertato come normale l’eco-cardiogramma della donna, che invece avrebbe presentato alterazioni patologiche tali da imporre approfondimenti diagnostici per valutare i rischi cardiologici e anestesiologici di un intervento.
La paziente era così stata sottoposta, senza previo riesame specialistico, a CPRE (colangiopancreatografia retrogada), durante la quale aveva subito un arresto cardiaco e, in conseguenza di questo, riportato un danno anossico cerebrale.
Il dottore viene assolto e segnala all’Ordine che i Ctu non si erano avvalsi di uno specialista
Alla fine del procedimento, però, il cardiologo era stato assolto e aveva segnalato al competente Ordine professionale la condotta dei tre periti i quali, pur non essendo specializzati in cardiologia, non si erano avvalsi della collaborazione di uno specialista della materia, ed avevano ritenuto erronea la valutazione dell’ECG da lui effettuata causandone in tal modo il rinvio a giudizio.
La Commissione medica sanziona i periti
La Commissione dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Roma aveva ritenuto i periti responsabili della erronea valutazione della condotta del medico indagato in assenza di specifiche competenze in materia cardiologica, e della violazione dell’art. 62 del codice deontologico, secondo il quale “in casi di particolare complessità clinica (…) è doveroso che il medico legale richieda l’associazione di un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta”, irrogando la sanzione della censura.
La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, con decisione depositata il 16 gennaio 2019, aveva confermato il giudizio di responsabilità per la violazione dell’art. 62 codice deontologico, anche se la sanzione era stata ridotta da censura ad avvertimento.
I consulenti tecnici ricorrono per Cassazione
I tre Ctu hanno quindi proposto ricorso per Cassazione contro quest’ultimo provvedimento, asserendo in particolare che la Commissione centrale avrebbe erroneamente applicato la norma citata nel testo attuale, entrato in vigore il 18 maggio 2014, quindi in epoca successiva ai fatti. I ricorrenti hanno sottolineato che l’art. 62 del codice deontologico, approvato il 16 dicembre 2006, e applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, subordinava l’accettazione dell’incarico peritale alla sussistenza di un’adeguata competenza medico-legale e scientifica, di cui essi erano sicuramente in possesso. E hanno poi insistito sul fatto che la lettura e l’interpretazione dell’ECG non è prerogativa di uno specialista della cardiologia.
La Suprema Corte rigetta le doglianze
Ma per la Suprema Corte il motivo è infondato. “È vero – ammettono gli Ermellini – che la Commissione centrale non ha tenuto conto che alla fattispecie in esame si applica l’art. 62 del codice deontologico previgente”, ma aggiungono anche che l’errore “non è decisivo posto che anche nel testo applicabile ratione temporis la norma prevedeva che, in casi di particolare complessità clinica ed in ambito di responsabilità professionale, è doveroso che il medico legale richieda l’associazione con un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta”.
Il Ctu deve farsi affiancare da un esperto della materia in oggetto
“Con riferimento ai giudizi di responsabilità professionale, allora come oggi – proseguono i giudici del Palazzaccio -, la norma impone al medico-legale di associarsi ad un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta, né sarebbe sostenibile una lettura della norma che differenziasse sotto tale profilo l’attività svolta su incarico del PM, se solo si considera che si tratta di attività finalizzata ad orientare la chiusura delle indagini preliminari nella direzione del rinvio a giudizio del sanitario indagato o della richiesta di archiviazione del procedimento a suo carico. Si rientra quindi nel genus dei giudizi di responsabilità professionale, per i quali è richiesta la massima prudenza e cautela nello svolgimento della perizia o consulenza tecnica.
Su queste premesse, il giudizio della Commissione non è censurabile”.
In conclusione, se l’oggetto dell’indagine era costituito dalla interpretazione di un tracciato di ECG, la norma deontologica imponeva ai periti di “interpellare un collega specializzato in cardiologia” e per la Suprema Corte non assume alcun rilievo l’argomento secondo cui i periti erano in grado di leggere correttamente un ECG, “come del resto dovrebbe saper fare qualsiasi medico.
La valutazione ad essi richiesta era destinata ad incidere nel contesto della responsabilità professionale, e ciò rendeva doveroso l’intervento di un medico di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta. Il ricorso è stato dunque rigettato e la sanzione in capo ai tre medici confermata.